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274 iv - seconda edizione delle


quel fortunato mattino, mi ricordo che non avrei osato respirar l’aria che la circondava, e tutti tutti i miei pensieri si univano riverenti e paurosi soltanto per adorarla... E certo un genio benefico mi presentò la immagine di Teresa; perch’io, non so come, ebbi l’arte di guardare con un rattenuto sorriso or la bella, poi il cagnuolino, e di bel nuovo il tappeto dove posava il bel piede; ma il bel piede era intanto sparito. M’alzai, chiedendole perdono s’io aveva scelto un’ora importuna, e la lasciai quasi pentita... Certo; perché, di gaia e cortese, divenne dispettosa... Del resto poi non so. Quando fui solo, la mia ragione, che è in perpetua lite con questo mio cuore, mi andava dicendo: — Infelice! temi soltanto di quella beltá che partecipa del celeste: prendi dunque partito, e non ritrarre le labbra dal contravveleno che la fortuna ti porge. — Lodai la ragione; ma il cuore aveva giá fatto a suo modo... T’accorgerai che questa lettera è copiata e ricopiata, perch’io ho voluto sfoggiare «lo bello stile».

Oh, la canzoncina di Saffo! io vado canticchiandola scrivendo, passeggiando, leggendo: né cosí io vaneggiava, o Teresa, quando non mi era conteso di poterti vedere ed udire. Pazienza! undici miglia, ed eccomi a casa; e poi due miglia ancora; e poi?... Quante volte mi sarei fuggito da questa terra, se il timore di non essere dalle mie disavventure strascinato troppo lontano da te non mi trattenesse in tanto pericolo! Qui siamo almeno sotto lo stesso cielo.


P.S. Ricevo in questo momento tue lettere; e torna, o Lorenzo: questa è la quinta volta che tu mi tratti da innamorato: innamorato sí; e che perciò? Ho veduto di molti innamorarsi della Venere medicea, della Psiche, e perfin della luna o di qualche stella lor favorita. E tu stesso non eri talmente entusiasta di Saffo, che pretendevi di ravvisarne il ritratto nella piú bella donna che tu conoscessi, trattando di maligni e ignoranti coloro che la dipingono piccola, bruna e bruttina anzi che no?

Fuor di scherzo: io conosco d’essere un uomo singolare, e stravagante fors’anche; ma dovrò perciò vergognarmi? Di che?