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284 iv - seconda edizione delle


per cui (quantunque la natura ci spiani i mezzi di liberarcene) siamo spesso forzati a comperarla coll’avvilimento, col pianto e talvolta ancor col delitto!

9 febbraro.

Eccomi sempre con te: sono omai cinque giorni ch’io non posso vederti, e tutti i miei pensieri sono consecrati a te sola, a te consolatrice del mio cuore. È vero; io non ti posso fare felice. Quel mio Genio, di cui spesso ti parlo, mi condurrá al sepolcro per la via delle lagrime. Io non posso farti felice... e lo diceva stamattina a tuo padre, che sedea presso il mio letto e sorrideva delle mie malinconie: ed io gli confessava che, fuori di te, nulla di lusinghiero e di caro mi resta in questa povera vita. Tutto è follia, mia dolce amica; tutto purtroppo! E quando questo mio sogno soave terminerá, quando gli uomini e la fortuna ti rapiranno a questi occhi, io calerò il sipario: la gloria, il sapere, la gioventú, le ricchezze, tutti fantasmi, che hanno recitato fino ad ora nella mia commedia, non fanno piú per me: io calerò il sipario, e lascerò che gli uomini s’affannino per fuggire i dolori di una vita che ad ogni minuto si accorcia, e che pure que’ meschini se la vorrebbero persuadere immortale. Addio, addio! Suona mezzanotte: a dispetto della mia infreddatura, io m’era posto tutto impellicciato presso il caminetto, che mandava ancora le ultime fiamme, per rispondere due righe a mia madre, e senza avvedermene ho scritto una lettera lunga lunga e tutta malinconica come questa. Quanta diversitá dal mio biglietto di ieri, che era gaio come la Isabellina quando sorride!1. E adesso, s’io proseguissi, tenterei invano di distrarmi dalle mie solite prediche. Buona notte dunque... Oh! io sono intirizzito; il fuoco ha lasciato me, perché s’avvedeva ch’io non mi preparavo a lasciarlo.

  1. Questo biglietto non si trova piú, conme pure altre lettere. L’editore. [F.]