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ultime lettere di jacopo ortis 293


e il buon gusto della sua sposa. Stava io per prendere il mio cappello, ma un’occhiata di Teresa mi fe’ star cheto. La conversazione venne di mano in mano a cadere su’ libri che noi leggevamo in campagna. Allora tu avresti udito messere tesserci il panegirico della «prodigiosa» biblioteca de’ suoi maggiori, e della collezione di tutte l’edizioni degli antichi storici ch’ei ne’ suoi viaggi si prese la cura di completare, lo rideva ed ei proseguiva la sua lezione di frontespizi. Quando Gesú volle, tornò un servo, ch’era ito in traccia del signore T***, ad avvertire Teresa che non l’avea potuto trovare, perché egli era uscito a caccia per le montagne; e la lezione fu interrotta. Chiesi alla sposa novelle di Olivo, ch’io dopo le sue disgrazie non aveva piú veduto. Immaginerai che cuore fu il mio, quando m’intesi freddamente rispondere dall’antica sua amante: — Egli è morto. — È morto! — sclamai, balzando in piedi e guatandola stupidito. Descrissi quindi a Teresa l’egregia indole di quel giovine senza pari, e la sua nemica fortuna che lo astrinse a combattere con la povertá e con la infamia; e morí nondimeno scevro di taccia e di colpa.

Il marito allora prese a narrarci la morte del padre di Olivo, le pretensioni di suo fratello primogenito, le liti sempre piú accanite, e la sentenza de’ tribunali che, giudici fra due figli di uno stesso padre, per arricchire l’uno, spogliarono l’altro; divoratosi il povero Olivo fra le cabale del fòro anche quel poco che gli rimanea. Moralizzava su questo giovine «stravagante», che ricusò i soccorsi di suo fratello e, invece di placarselo, lo inasprí sempre piú. — Sí sí! — lo interruppi: — se suo fratello non ha potuto essere giusto, Olivo non doveva essere vile. Tristo colui che ritira il suo cuore dai consigli e dal compianto dell’amicizia, e sdegna i mutui sospiri della pietá, e rifiuta il parco soccorso che la mano dell’amico gli porge. Ma ben mille volte piú tristo chi confida nell’amicizia del ricco; e, presumendo virtú in chi non fu mai sciagurato, accoglie quel beneficio che dovrá poscia scontare con altrettanta onestá. La felicitá non si collega con la sventura che per comprare la gratitudine e tiranneggiare la virtú. L’uomo, smanioso di opprimere, profitta dei capricci