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312 iv - seconda edizione delle


creature perseguitate ed afflitte. Mia cara amica! i! tuo sepolcro beva almeno queste lagrime, solo tributo ch’io posso offrirti; le zolle, che ti nascondono, sieno coperte di poca erba. Tu, vivendo, speravi da me qualche conforto; eppure non ho potuto nemmeno prestarti gli ultimi uffici. Ma ci rivedremo, sí!

Quand’io, caro Lorenzo, mi ricordava di quella povera fanciulla, certi presentimenti mi gridavano dal cuore profondo: — Ella è morta. — Pure, se tu non me ne avessi scritto, io certo non lo avrei saputo mai; perché, e chi si cura della virtú, quand’ella è avvolta nella povertá? Spesso mi sono posto a scriverle. M’è caduta la penna e ho bagnata la carta di lagrime: temeva ch’ella mi raccontasse i suoi martiri e mi destasse nel cuore una corda la cui vibrazione non sarebbe cessata sí tosto. Purtroppo! noi sfuggiamo d’intendere i mali de’nostri amici: le loro miserie ci sono gravi, e il nostro orgoglio sdegna di porgere il conforto delle parole, sí caro agli infelici, quando alle parole non si può unire un soccorso vero e reale. Ma fors’ella mi annoverava fra la turba di coloro, che, ubbriacati dalla prosperitá, abbandonano gli sventurati. Lo sa il cielo! Frattanto Dio ha conosciuto ch’ella non poteva reggere piú. «Egli tempera i venti in favore dell’agnello recentemente tosato». e tosato al vivo!

Tornerò, Lorenzo: conviene ch’io esca. Il mio cuore si gonfia e geme come se non volesse starmi piú in petto: su la cima di un monte mi sembra d’essere alquanto piú libero; ma qui, nella mia stanza, sto quasi sotterrato in un sepolcro.

Sono salito su la piú alta montagna. I venti imperversavano; io vedeva le querce ondeggiar sotto a’ miei piedi; la selva fremeva come mar burrascoso, e la valle ne rimbombava; su le rupi dell’erta sedeano le nuvole... Nella terribile maestá della natura la mia anima, attonita e sbalordita, ha dimenticati i suoi mali ed è tornata per alcun poco in pace con se medesima.

Vorrei dirti di grandi cose: mi passano per la mente, vi sto pensando, m’ingombrano il cuore, s’affollano, si confondono, non so piú da quale io mi debba incominciare: poi tutto ad un tratto mi sfuggono, ed io prorompo in un pianto dirotto.