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ultime lettere di jacopo ortis 313


Vado correndo come un pazzo senza saper dove e perché: non m’accorgo, e i miei piedi mi strascinano fra i precipizi. Io domino le valli e le campagne soggette: magnifica ed inesausta natura! I miei sguardi e i miei pensieri si perdono nel lontano orizzonte. Vo salendo, e sto li ritto, anelante. Guardo all’ingiú: ahi voragine! Alzo gli occhi inorridito, e scendo precipitoso appiè del colle, dove la valle è piú fosca. Un boschetto di giovani querce mi protegge dai venti e dal sole; due rivi d’acqua mormorano qua e lá sommessamente: i rami bisbigliano, e un rosignuolo... Ho sgridato un pastore, che era venuto per rapire dal nido i suoi pargoletti: il pianto, la desolazione, la morte di quei deboli innocenti...: dovevano essere forse venduti per una meschina moneta. Cosí va! Ma io l’ho compensato del guadagno che sperava di trarne, ed egli mi ha promesso di non disturbare piú i rosignuoli. E lá io mi riposo. Dove se’ ito, o buon tempo di prima? La mia ragione è malata e non può fidarsi che nel sopore, e guai se sentisse tutta la sua infermitá! Quasi quasi... O povera Lauretta! tu forse mi chiami.

Tutto, tutto quello ch’esiste per gli uomini non è che la lor fantasia. Caro amico! fra le rupi la morte mi era spavento, e all’ombra di quel boschetto io avrei chiusi gli occhi volentieri in sonno eterno. Ci fabbrichiamo la realtá a nostro modo; i nostri desidèri si vanno moltiplicando con le nostre idee; sudiamo per quello che, vestito diversamente, ci annoia; e le nostre passioni non sono, in fine del conto, che gli effetti delle nostre illusioni. Quanto mi sta d’intorno richiama al mio cuore quel dolce sogno della mia fanciullezza. Oh! come io scorreva teco queste campagne, aggrappandomi or a questo or a quell’arbuscello di frutta, immemore del passato, non curando che del presente, esultando di cose che la mia immaginazione ingrandiva e che dopo un’ora non erano piú, e riponendo tutte le mie speranze ne’ giuochi della prossima festa. Ma quel sogno è svanito! E chi m’assicura che in questo momento io non sogni? Ben tu, mio Dio, tu che creasti il mio cuore, sai che sonno spaventevole è questo ch’io dormo; sai che non altro m’avanza fuorché il pianto e la 3* morte!