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ultime lettere di jacopo ortis 327


le passioni, tutte le forze consunte, quando io avrò coraggio di mirare la morte in faccia e ragionare tranquillamente con lei ed assaporare l’amaro suo calice..., allora...

Ma ora ch’io parlo non è forse tutto perduto? E non mi resta che la sola rimembranza e la certezza che tutto è perduto. Hai tu provata mai quella piena di dolore, quando ci abbandonano tutte le speranze?

Né un bacio, né un ultimo addio! bensí le tue lagrime mi seguiranno nella mia sepoltura. La mia salute e la mia sorte, il mio cuore, tu... tu!...: insomma tutto congiura, ed io vi obbedirò tutti.

ore...

E ho avuto coraggio di abbandonarla? Anzi ti ho abbandonata, o Teresa, in uno stato piú deplorabile del mio. Chi sará piú il tuo consolatore? E tremerai al solo mio nome, poiché ho calmata la tua sventura.

Non abbiamo piú niun soccorso dagli uomini, niuna consolazione in noi stessi. Omai non so che supplicare il sommo Iddio, e supplicarlo co’ miei gemiti, e cercare qualche aiuto fuori di questo mondo, dove tutto ci perseguita o ci abbandona. E se gli spasimi e le preghiere e il rimorso, ch’è fatto giá mio carnefice, fossero offerte accolte dal cielo, ah! tu non saresti cosí infelice, ed io benedirei tutti i miei tormenti. Frattanto nella mia disperazione mortale chi sa in che pericoli tu sei! né io posso difenderti, né rasciugare il tuo pianto, né raccogliere nel mio petto i tuoi secreti, né partecipare delle tue afflizioni. Io non so né dove fuggo, né come ti lascio, né quando potrò piú vederti.


Padre crudele, Teresa esangue tuo! Quell’altare è profanato; la natura ed il cielo maledicono quei giuramenti; il ribrezzo, la gelosia, la discordia ed il pentimento gireranno fremendo intorno a quel letto e insanguineranno forse quei nodi. Teresa è figlia tua; plácati. Ti pentirai forse amaramente, ma invano: fors’ella