Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. II, 1913 – BEIC 1823663.djvu/124

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sedurla; non ha coscienza che per inorgoglirsi della sua immaginaria virtú e adonestare per essa le libidini e il tradimento. Codesti individui stanno pur troppo in natura; ed oggi, da che la filosofia entra ne’ giovani assai prima dell’esperienza, s’incontrano piú che mai. Un inesorabile scrutatore del proprio e dell’altrui cuore ha detto che «nell’accesso delle violenti passioni, e molto piú nell’amore, che le attrae tutte a sé, e le irrita tutte, ed è irritato da tutte, la coscienza è spesso sí illusa, che giustifica gli errori e le colpe; e, quando gl’individui pur vedano d’avere strascinato sé e gli altri ne’ guai, confessano il danno, ma non il torto: sentono compassione e dolore di sé e degli altri, ma nessun rimorso o pochissimo: protestano in buona fede l’innocenza delle loro intenzioni; e, credendosi piú sventurati che rei, si rifugiano sotto lo scudo della loro coscienza»1. Or, se l’uso del mondo non avea travisato i personaggi di Rousseau, non s’illuse egli forse? non vide che i libri e le opinioni del mondo avevano modificato que’ cervelli e que’ cuori? e tanto peggio, quando i sistemi, di cui s’erano imbevuti da sé, non erano stati paragonati con l’esperienza sociale. Né Rousseau intendeva di fare del suo nuovo Abelardo un carattere abbietto: anzi gli ascrive tanto vigore d’animo e sí puro ingenito senso d’onestá, che nella seconda parte dell’opera lo rappresenta dotato di soprannaturali virtú. E siano virtú naturali: bensí, date quelle circostanze, sono pur rare anche ne’ cuori generosissimi, e rarissime ne’ Saint Preux: cosicché i giovani impa-

  1. Cosí conclude l’operetta Senis escussa praecordia d’autore anonimo, pubblicata dopo la sua morte, e tradotta dal latino in inglese su la fine del secolo scorso. Il primo de’ tre brevi paragrafi, che compongono la prefazione, dice: «Scrivo l’esame della mia coscienza nell’anno sessantesimoterzo dell’etá mia, e sopra una azione sola della mia vita: azione non condannabile dalle leggi, non disonesta davanti il maggior numero degli uomini, giustificabile con l’uso e le opinioni del bel mondo, assolvibile da qualunque giudice per documenti e per recriminazioni giuste contro a’ miei complici, utile per l’intenzione secondo alcuni casisti ed inevitabile secondo altri; finalmente azione non funesta negli effetti suoi e, mentr’io la commetteva, non disapprovata dalla mia coscienza, anzi calcolata col mio raziocinio, ma dalla quale nacquero, subito dopo, rimorsi piú colpevoli dell’azione stessa; poi, raffreddandosi le passioni che m’indussero a commetterla, il tempo fece men disperati e piú giusti, e piú evidenti, e piú tenaci i rimorsi, che si mantennero pel corso di ventotto anni, e vi si mantengono vivi: onde ho qui brevemente ristretti tutti i moti, i pentimenti, le consolazioni, i dolori, i ragionamenti dell’anima mia d’allora in qua, non tanto ad utilitá altrui quanto a mio lume e consolazione, e per educarmi ne’ miei giorni canuti a fidare con umiltá e senza terrore nella misericordia di Dio».