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Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. II, 1913 – BEIC 1823663.djvu/134

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la sua nuova gioia, come uomo che prova l’entusiasmo d’insolita contentezza. Se non che l’afflizione, che gli sta dentro, non concede lungo influsso a’ conforti ch’ei raccoglie di fuori. Bensí quanto di tristo gli entra di fuori, vi rimane a nutrire la nera fiamma che lo distrugge. E se vede «nel cielo tempestoso le stelle rare e pallide»; e se, mentre giace senza poter chiudere occhio, «ode diluviare; e se la luna mezzo sepolta fra le nuvole batte con raggi lividi le sue finestre»; e se trova su le alpi deserte d’abitanti e di cultura «le croci che segnano i luoghi de’ viandanti assassinati»; allora, non che voler descrivere sí fatti accidenti, gli accenna appena con pensiero atterrito, lasciando conoscere che gli si sono fitti nel cuore. Chiunque con questo avvertimento rileggesse il libro, e fra le altre la lettera 13 maggio1, s’accerterebbe, che quante cose di minuto in minuto, di passo in passo attorniano l’Ortis, prendono tutte colori e qualitá dalla sua cupa disperazione, e che il suo stato morale seconda sempre le variazioni fisiche del suo individuo. L’Ortis in quella lettera ammira una bella sera di primavera con estasi sí voluttuosa, che, lagrimando di gratitudine, chiede perdono a Dio d’avere trascurato di ristorarsi alle fonti inesauribili di piacere, che il cielo versa in tante guise a’ mortali. Ma non si tosto egli perde dagli occhi gli ultimi raggi del sole, e comincia a vedersi circondato dall’oscuritá, dal silenzio e dalla solitudine della notte, il suo primo entusiasmo si converte in soave calma di spirito; e, quantunque men lieto, scende sereno dalla montagna e si va soffermando a guardare il firmamento, e la sua mente «contrae un non so che di celeste»; poi vede nel piano la chiesa, e l’ombra degli alberi, e le fosse de’ morti, e, quasi disingannandosi dell’idea che l’uomo nato dalla terra possa mai aspirare al cielo, medita tristamente con fredda rassegnazione, dicendo: — «La materia è tornata alla materia». — Si sdraia spossato sotto quegli alberi, e la stanchezza delle sue membra a salire e discendere il monte, e del suo spirito applicatosi in sí poche ore con tanta tensione a spettacoli e a meditazioni cosí diverse, gli producono nell’anima un nuovo scoraggiamento e un vaneggiamento, che lo fa errare con tutte le reminiscenze e le speranze e le fantasie in mille pensieri, ne’quali, cercando l’umana felicitá, non ritrova

  1. [Di questa ediz., i, 305 - 8 ].