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ultime lettere di iacopo ortis 13


il capriccio di ogni spia può farmi sfrattare? Tu mi esalti sempre il mio ingegno: sai tu quanto io vaglio? Né piú né meno di ciò che vale la mia entrata; se per altro io non facessi il «letterato di corte», rintuzzando quel nobile ardire che irrita i potenti, e dissimulando la virtú e la scienza, per non rimproverarli della loro ignoranza e delle loro scelleraggini. — Letterati! Oh! — tu dirai — cosí dappertutto. — E sia cosí: lascio il mondo com’è; ma, s’io dovessi impacciarmene, vorrei o che gli uomini mutassero modo o che mi facessero mozzare il capo sul palco; e questo mi pare piú facile. Non che i tirannetti non si avvedano delle brighe; ma gli uomini balzati da’ trivi al trono hanno d’uopo di faziosi che poi non possono contenere. Gonfi del presente, spensierati dell’avvenire, poveri di fama, di coraggio e d’ingegno, si armano di adulatori e di satelliti, da’ quali, quantunque spesso traditi e derisi, non sanno piú svilupparsi: perpetua ruota di servitú, di licenza e di tirannia. Per essere padroni e ladri del popolo conviene prima lasciarsi opprimere, depredare, e conviene leccare la spada grondante del tuo sangue. Cosí potrei forse procacciarmi una carica, qualche migliaio di scudi ogni anno di piú, rimorsi ed infamia. Odilo un’altra volta: — Non reciterò mai la parte del piccolo briccone. — Tanto e tanto, so di essere calpestato; ma almen fra la turba immensa de’ miei conservi, simile a quegli insetti che sono sbadatamente schiacciati da chi passeggia. Non mi glorio come tanti altri della servitú, né i miei tiranni si pasceranno del mio avvilimento. Serbino ad altri le loro ingiurie e i lor benefici; e vi son tanti che pur vi agognano! Io fuggirò il vituperio, morendo ignoto. E, quando io fossi costretto ad uscire dalla mia oscuritá, anziché mostrarmi fortunato stromento della licenza o della tirannide, torrei d’essere vittima illustre.

Che se mi mancasse il pane e il fuoco, e questa che tu mi additi fosse l’unica sorgente di vita (cessi il cielo ch’io insulti a la necessitá di tanti altri che non potrebbero imitarmi!), davvero, Lorenzo, io me n’andrei alla patria di tutti, dove non vi sono né delatori, né conquistatori, né letterati di corte, né principi; dove le ricchezze non coronano il delitto; dove il misero non