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262 vi - commento alla «chioma di berenice»


diletterebbe un poema che proceda argomentando, e che non idoleggi le cose, ma le svolga e le narri. La favola degli antichi trae l’origine dalle cose fisiche e civili, che, idoleggiate con allegorie, formavano la teologia di quelle nazioni1; e nella teologia de’ popoli stanno sempre riposti i principi della politica e della morale: però nel corso del commento andrò estendendomi per provare con gli esempi questa sentenza, la quale dá lume a quel passo del filosofo: «Essere i poeti ispirati da’ numi, e i loro versi venire da Dio. Onde, se la poetica è tutta quanta enigmatica, ciò avviene perché non sia conosciuta sapientemente dal volgo»2.

III. Non è colpa delle favole né degli antichi, se la loro religione è per noi piena di capricci e d’incoerenze, bensì dell’estensione di quella religione quasi universale, delle vicende de’ secoli e della nostra ignoranza. Che l’umana mente abbia bisogno di cose soprannaturali, e quindi i popoli di religione, è massima celebrata dall’esperienza e dagli annali di tutte le generazioni. Anzi è di tanta preponderanza questa umana necessitá, che, sebbene le religioni nascano dalla tempra de’ popoli e si stabiliscano per le etá e le circostanze degli Stati, i popoli ed i tempi prendono in progresso aspetto e qualitá dalle religioni. Ora la poesia deve per istituto cantare memorabili storie, incliti fatti ed eroi, accendere gli animi al valore, gli uomini alla civiltá, le cittá all’indipendenza, gl’ingegni al vero ed al bello. Ha perciò d’uopo di percuotere le menti col meraviglioso ed il cuore con le passioni. Torrá le passioni dalla societá; ma donde il meraviglioso, se non dal cielo? Dal cielo, poiché la natura e l’educazione hanno fatto elemento dell’uomo le idee soprannaturali. Quel meraviglioso, che non è tratto dalle inclinazioni e dalle nozioni umane, o riesce ridicolo come le poesie e i romanzi del Seicento, o incredibile e balordo come le frenesie

  1. Per questo anche i dottori cristiani stimano probabili testimoni i poeti. Lactant., Div. instit., lib. i, cap. ii; lib. ii, cap. ii; Augustin., De consens. Evangel ., lib. i, cap. 24.
  2. Plato, in Ione; Id., in Alcibiade poster.