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considerazione nona 311


Cosí, i associò Berenice a Venere, e fu aiutatrice della passione universale dell’uomo. Che se non si fossero perduti gli Inni di Teocrito, avremmo piú notizie di questo culto dal poemetto ch’ei scrisse sopra la prima Berenice, perché dalle reliquie, che ne restano, appare non essersi la divozione verso il nuovo nume ristretta negli amanti; ma, perché gl’infelici mortali han d’uopo di speranze fuori di questo mondo e di numi nuovi e diversi (ché gli antichi per lo piú li deludono), ella era invocata da’ pescatori e da’ naviganti (Teocr., Frammenti). Questa necessitá di numi moltiplicò le apoteosi de’ propugnatori e maestri del cristianesimo, e ben vide chi li santificò; ma, se i sacerdoti possono santificare, i soli principi possono far adorare i santi. Però né culto né templi ebbe Platone, sebbene cognominato «divino» e reputato semideo (Agostino, De civit. Dei, cap. xv), ed appena i filosofi convenivano per cenare in onore di questo sapiente (Euseb., De praeparat., lib. x, cap. i, ex Porphyrii libro De studioso auditu). Or è da badare come, in un tempo cotanto illustre per la filosofia e le arti belle, siesi il culto di Berenice propagato in Egitto ed in tutte le province de’ Tolomei. Fu insinuato per mezzo di splendide solennitá, sií care a’ popoli e sií necessarie a’ governi. Una delle quali eran le feste e le processioni chiamate «adonie». Teocrito, Fest. adon., verso 106:

               O Cipria Dionea, tu Berenice,
               siccome è grido, dal mortale ceto
               festi immortale; perocché nel petto
               stillasti ambrosia della donna bella,
               onde a te, dea per molti inclita nomi
               e per molte are celebrata, or offre
               grazie la pari ad Eleo a, la figlia
               di Berenice Arsinoe, di mille
               e vari doni ornando il bello Adone.

I doni vedili descritti nel poeta e nel suo interprete Varthon. Le feste riuscivano gradite agli egizi, e per la prodigalitá de’ re, e per la pompa, e per la voluttá delle giovinette, le quali in quelle solennitá andavano con le mamme scoperte, e con tutte le licenze che l’Egitto imitò dagli assiri (Luciano, De dea Syria). Cosí la deitá nuova diveniva cara e necessaria.

La seconda regina di Egitto fu Arsinoe, quella stessa che fu di macchina nel nostro poemetto, e s’è mostrata deificata nelle note al v. 55 e sg.