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Pagina:Foscolo, Ugo – Prose, Vol. II, 1913 – BEIC 1823663.djvu/43

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ultime lettere di iacopo ortis 37


Cos’è la vita per me? Il tempo mi divorò i momenti felici: io non la conosco se non nel sentimento del dolore, ed ora anche l’illusione mi abbandona, lo medito sul passato, io m’affisso su i dí che verranno, e non veggo che pianto. Questi anni, che appena giungono a segnare la mia giovinezza, come passarono lenti fra i timori, le speranze, i desidèri, gl’inganni, la noia! E s’io cerco la ereditá che mi hanno lasciato, non mi trovo che la rimembranza di pochi piaceri che non sono piú, e un mare di sciagure che atterrano il mio coraggio, perché me ne fanno paventar di peggiori. Che se nella vita è il dolore, in che piú sperare? Nel nulla o in un’altra vita, diversa sempre da questa. Ho dunque deliberato; io non odio disperatamente me stesso, io non odio i viventi: cerco da gran tempo la pace, e la ragione mi addita sempre la tomba. Quante volte, immerso nella meditazione delle mie sventure, io cominciava a disperare di me stesso! L’idea della morte dileguava la mia tristezza, ed io sorrideva per la speranza di non vivere piú.

Sono tranquillo, tranquillo imperturbabilmente. Le illusioni sono svanite; i desidèri son morti; le speranze e i timori hanno giá liberato il mio cuore. Non piú mille fantasmi, ora giocondi, ora tristi, confondono e traviano la mia immaginazione; non piú vani argomenti adulano la mia ragione: tutto è calma. Pentimenti sul passato, noia del presente e timor del futuro: ecco la vita. La sola morte, a cui è commesso il sacro cangiamento delle cose, mi offre pace.


Da Ravenna non mi scrisse; ma da quest’altro squarcio si vede ch’egli vi andò in quella settimana.


Non temerariamente, ma con animo consigliato e sicuro. Quante tempeste pria che la morte potesse parlare cosí pacatamente con me... ed io cosí pacato con lei!

Sull’urna tua, Padre Dante!... Abbracciandola mi sono prefisso ancor piú nel mio consiglio. M’hai veduto? M’hai tu forse, Padre, ispirato tanta fortezza di senno e di cuore, mentri io genuflesso, con la testa appoggiata a’tuoi marmi, meditava e l’alto animo