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104 vii - viaggio sentimentale di yorick


L

CARATTERE

VERSAILLES

— E che le pare de’ francesi? — mi disse il conte, porgendomi il passaporto.

Il lettore vede che si segnalato favore mi dava di che rispondere assai gentilmente.

— Mais passe pour cela.

— Parli schietto — replicò il conte: — le pare che ne’ francesi veramente spicchi l’urbanità di cui tutto il mondo gli esalta? —

Risposi ch’io ne aveva avuta una prova.

Vraiment — disse il conte — les français sont polis.

— Eccessivamente — diss’io.

Notò il conte questa parola, e sospettò che significasse piú che forse non esprimeva. Io me ne andava schermendo alla meglio: ma egli non rifiniva perch’io gli dicessi a viso aperto come io la intendeva.

Dissi dunque: — A me par, signor mio, che ciaschedun uomo abbia in sé una serie di toni a modo d’ogni stromento, e che tutti gli obblighi e bisogni sociali richiedano vicendevolmente or questo or quel tono: talché, ove si preluda dall’acutissimo o dal baritono, le corde intermedie non rispondono piú al sistema necessario dell’armonia. —

Ma il conte non sapeva di musica, e mi richiese che mi spiegassi diversamente.

— Un popolo urbano, caro il mio signor conte, si obbliga tutti gli altri; da che l’urbanità, pari in ciò alla beltà femminile, ha tali attrattive, per cui il cuore non s’attenta di dire ch’essa alle volte fa male. E nondimeno credo che l’uomo, generalmente parlando, non possa oltrepassare un certo termine di perfezione: e, ov’ei l’oltrepassi, non aumenta per questo, bensí rimuta le sue qualità. Non ch’io m’arroghi di decidere se ciò si