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164 notizia intorno a didimo chierico


volte ne risero; ma non s’assumevano d’interpretarmelo. E mi dispongo a lasciarlo inedito, per non essere liberale di noia a molti lettori, che forse non penetrerebbero nessuna delle trecentotrentatré allusioni, racchiuse in altrettanti versetti scritturali, di cui l’opuscoletto è composto. Taluni fors’anche, presumendo troppo del loro acume, starebbero a rischio di parere cementatori maligni. Però, s’altri n’avesse copia, la serbi. Il farsi ministri degli altrui risentimenti, benché giusti, è poca onestà; massime quando paiono misti al disprezzo, che la coscienza degli scrittori teme assai piú dell’odio.

iii

Bensí gli uomini letterati, che Didimo, scrivendo, nomina «maestri miei», lodarono lo spirito di veracità e d’indulgenza d’un altro suo manoscritto da me sottomesso al loro giudizio. E nondimeno quasi tutti mi vanno dissuadendo dal pubblicarlo, e a taluno piacerebbe ch’io lo abolissi. È un giusto volume, dettato in greco nello stile degli Atti degli apostoli, ed ha per titolo: Διδύμου κληρικοῦ Ὑπομνημάτών βιβλία πέντε, e suona Didymi clerici libri memoriales quinque. L’autore descrive schiettamente i casi per lui memorabili dell’età sua giovanile; parla di tre donne delle quali fu innamorato, e, accusando se solo delle loro colpe, ne piange; parla de’ molti paesi da lui veduti, e si pente d’averli veduti: ma, piú che d’altro, si pente della sua vita perduta educata dagli uomini letterati; e, mentre par ch’ei gli esalti, fa pur sentire ch’ei li disprezza. Malgrado la sua naturale avversione contro chi scrive per pochi, ei dettò questi Ricordi in lingua nota a rarissimi, affinché — com’ei dice — i soli colpevoli vi leggessero i propri peccati, senza scandalo delle persone dabbene; le quali, non sapendo leggere che nella propria lingua, sono men soggette all’invidia, alla boria, ed alla venalità: ho contrassegnato quest’ultima voce, perché è mezzo cassata nel manoscritto. L’autore inoltre mi diede arbitrio di far tradurre quest’operetta, purché trovassi scrittore italiano che avesse piú merito che celebrità di grecista. «E siccome — dicevami