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notizia intorno a didimo chierico 169


vidi piangere. E seguitò a dire: — Ahi! la coscienza è codarda! e quando tu se’ forte da poterti correggere, la ti dice il vero sottovoce e palliandolo di recriminazioni contro la fortuna ed il prossimo; e quando poi tu se’ debole, la ti rinfaccia con disperata superstizione, e la ti atterra sotto il peccato, in guisa che tu non puoi risorgere alla virtú. O codarda! non ti pentire, o codarda! Bensi paga il debito, facendo del bene ove hai fatto del male. Ma tu sei codarda; e non sai che o sofisticare o angosciarti. — Quel giorno io credeva che volesse impazzare, e stette piú d’una settimana a lasciarsi vedere in piazza. Sí fatti erano i suoi paradossi morali.

ix

E quanto alle scienze ed alle arti, asseriva che le scienze erano una serie di proposizioni, le quali aveano bisogno di dimostrazioni apparentemente evidenti ma sostanzialmente incerte, perché le si fondavano spesso sopra un principio ideale; che la geometria, non applicabile alle arti, era una galleria di scarne definizioni e che, malgrado l’algebra, resterà scienza imperfetta e per lo piú inutile, finché non sia conosciuto il sistema incomprensibile dell’universo. — L’umana ragione — diceva Didimo — si travaglia su le mere astrazioni; piglia le mosse, e senza avvedersi, a principio, dal nulla; e, dopo lunghissimo viaggio, si torna a occhi aperti e atterriti nel nulla; e al nostro intelletto la sostanza della natura ed il nulla furono, sono e saranno sinonimi. Bensí le arti non solo imitano ed abbelliscono le apparenze della natura, ma possono insieme farle rivivere agli occhi di chi le vede o vanissime o fredde; e ne’ poeti, de’ quali mi vo ricordando a ogni tratto, porto meco una galleria di quadri, i quali mi fanno osservare le parti piú belle e piú animate degli originali che trovo su la mia strada; ed io spesso li trapasserei senza accorgermi ch’e’ mi stanno tra’ piedi per avvertirmi, con mille nuove sensazioni, ch’io vivo. — E però Didimo sosteneva che le arti possono piú che le scienze far men inutile e piú gradito il vero a’ mortali; e che la vera sapienza consiste nel