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106 vii - viaggio sentimentale di yorick


Ma i francesi, monsieur le comte — aggiuns’io (perch’io voleva disasprire l’odio del paragone) — possedono tant’altre doti, da non portar invidia alla nostra: lealissimo, valoroso, generoso, ingegnoso ed umanissimo popolo fra quanti camminano sotto il cielo; se non avessero un solo difetto: sono troppo seri. — Mon Dieu! esclamò il conte, e saltò sú dalla sedia. — Mais vous plaisantez! — diss’ei, ravvedendosi della sua troppa vivezza.

Mi posi la palma sul petto, asseverando con gravissima serietà ch’io credeva di errare ne’ pareri miei, eccetto in quest’uno.

Risposemi che gli rincresceva assaissimo di non poter udir per allora le mie ragioni, perch’ei s’era impegnato a desinare con monsieur le duc de C***, ma che, se la distanza da Parigi a Versailles non mi scoraggiava, pregavami di gradire, innanzi ch’io mi partissi di Francia, una zuppa. — E forse — aggiunse egli — avrò la soddisfazione ch’Ella si ricreda di questo parere; o vedrò, non foss’altro, in che modo potrà sostenerlo: ma s’Ella, monsieur l’anglais, vi si puntigliasse, s’armi di tutte le sue forze, perch’Ella ha il mondo tuttoquanto per avversario. — Promisi che prima di pigliare la via dell’Italia avrei avuto l’onore di desinare con lui, e gli chiesi commiato.

LI

LA TENTAZIONE

PARIGI

Smontando al mio albergo, mi vidi accolto dal portinaio, il quale mi riferí che una giovine con una scatola di merletti aveva poc’anzi chiesto di me. Né so bene s’ella se ne sia ita — dicevami il portinaio. Mi feci dare la chiave della mia stanza; e, mentr’io vi saliva, e mi mancavano forse dieci gradini, incontrai la fanciulla che tornava bel bello giú per le scale.

Ed era quella gentile fille-de-chambre ch’io aveva accompagnata lungo il quai de Conti: ed ora madame de R ***, inviandola