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considerazione vii

Calibi.

Verso 48. Iuppiter, ut Χαλύβων omne genus pereat!

Giustino (lib. xliv, cap. 3) scrive: — «I Calibi prendono il nome dal fiume Calibe in Gallecia, paesi fertili di miniere, principalmente di ferro, che diventa più forte per l’acqua del fiume, ov’eglino lo tempravano: né usavano di armi, se prima non erano infuse in quell’onde». — Apollonio Rodio (lib. ii, vers. 375) li pone nella Scizia oltre il regno delle Amazzoni, autorità seguita da Vincenzo Monti nel Prometeo (Canto ii, inedito):

     Come presserò il suolo, a cui dier fama
          I calibi operosi, ecco, dicea,
          Ecco una terra, a cui le colpe avranno
          Obbligo molto. Un popolo malvagio
          L’abiterà, che nei profondi fianchi
          Delle rigide rupi andran primieri
          A ricercar del ferro i latebrosi
          Duri covili, e con fatal consiglio
          A domarlo nel foco, a figurarlo
          In arnesi di morte impareranno.
          L’Ire, gli Odij, i Rancor, le Gelosie
          E l’Erinni, che pigre ed incruente
          Andar vagando fra’ mortali or vedi,
          Allor di spada armate e di coltello
          Scorreran l’universo, e non il seno
          Del ritroso terren, non l’elce e l’orno,
          Ma l’uman petto impiagheran crudeli,
          E di sangue, più ch’altri, bagneransi
          Re feroci e tiranni sacerdoti,
          cui son le colpe necessarie . . .

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