Pagina:Foscolo - Poesie,1856.djvu/12

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ii avvertenza

stolario Foscoliano, vol. I, p. 185), che egli trentenne non solo permise che fosse nuovamente recitata, ma anche non isdegnò di ritoccarla in alcuni luoghi, abbiamo stimato sufficiente ragione questa per accorla fra i suoi figli se non prediletti, almeno non rifiutati. E veramente crediamo che a chi vorrà far paragone fra il Tieste di Seneca, quello del Crebillon e quello del Voltaire con questo di un autore imberbe, non sempre parrà che l’ultimo sia agli altri inferiore.

L’Ajace è tragedia di ben altro pregio, e mostra la poetica maturità di chi la scrisse. Potrà avere alcuna di quelle colpe attribuitele dal Lampredi malevolo, e dal Carrer benevolo censore del Foscolo, ma è pur vero che ha ancora grandi virtù. E per quanto il suo argomento si riferisca ai tempi iliaci (per lo che principalmente sembra che spiacesse al Carrer), nondimeno siamo d’avviso che la scelta di esso non possa ba stare a render freddi i lettori o gli spettatori. E ciò tanto più fermamente crediamo, in quanto che anche non ammettendo per vero rigorosamente ciò che i nemici d’Ugo insufflarono allora al vicerè Eugenio, che egli in Agamennone, Ajace ed Ulisse avesse voluto dipingere Napoleone, Moreau e Fouché, per la qual cosa la tragedia fu proibita; pure a chi la legge attentamente appar manifesto che in essa il Poeta principalmente mirò a descrivere la lotta del diritto e dell’amor patrio armati della ingenita loro magnamità contro la forza e il potere assoluto ajutati dall’inganno. Siffatti argomenti, viva Dio! pareva al Foscolo che abbiano il bel privilegio di non invecchiare giammai; e non sembra che dopo di lui sieno venute in campo ragioni da far sì che il mondo opini diversamente. — Intorno ai pregi o ai difetti dell’Ajace come opera drammatica non è ufficio nostro il dissertare; ad ogni modo non vogliamo tacere che, non essendo esso stato posto più sulle scene dal 18I3 in poi, ed anche allora con infausti auspicj, pei motivi narrati dall’Autore nell’Epistolario, ci sembra stolta ingiustizia che, senza nuovi esperimenti, sia