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AVVERTENZA
premessa alla prima edizione del carme LE GRAZIE,
anno 1848.1
Offro all’Italia un Componimento poetico da lungo tempo aspettato, e per bene oltre ventiquattro anni,2 quantunque ad intervalli, elaborato dal suo Autore; il Carme di Ugo Foscolo le Grazie. Di questo lavoro, certamente più famoso che conosciuto, molte e varie cose sono state dette da quasi tutti coloro che hanno favellato della vita e degli scritti dell’Esule illustre, quale per celebrare alcuna imagine o proporre a modello alcun tratto di esso Poema, quale per tentare, da quello che ne era stato divulgato, d’indovinare l’economia generale dell’Opera, ed anco di prognosticare quale ne sarebbe stato l’effetto sugli animi, ove fosse stato dato di leggerla per intiero. Niuno peraltro ha potuto finora tenerne proposito con piena cognizione e profondo giudicio, comecchè pochi squarci soltanto ne fossero stati posti in luce; e questi, sia lode al vero, accozzati in-
- ↑ Di essa prima edizione, uscita dalla stessa Tipografia Le Monnier, furono tirate 500 copie in ottavo. Ne furono tirati ancora in quarto dodici esemplari distinti e col nome a stampa di coloro a cui ciascuno esemplare era consacrato, nell’ordine seguente: 1º alla memoria della Donna gentile. — 2º a Rubina Foscolo Molena, sorella dell' Autore. — 3º a S. A. R. Amalia Augusta di Leuchtemberg, già viceregina in Italia. — 4º alla memoria del canonico Riego. — 5º a Gino Capponi. — 6º a Enrico Mayer. — 7º a Pietro Bastogi. -8° a Giov. Battista Niccolini. - 9º ad Alessandro Manzoni. 10º ad Hadson Gurney. — 11° a S. A. il Duca di Bedford. — 12º al cav. Dionisio Bulzo.
- ↑ Nelle illustrazioni alla Chioma di Berenice pubblicate nel 1803 il Foscolo riportò alcuni frammenti poetici relativi alle Grazie, annunziandoli vagamente come traduzioni dal greco fatte da lui un tempo innanzi; ma non citò il nome del loro autore, nè disse ove avesse letto gli originali. Ora l’essere io stato accertato dall’illastre amico mio, il prof. Silvestro Centofanti, come veramente questi sono ignoti, e l’aver riscontrato sugli autografi foscoliani, che di parecchi versi di quelle supposte traduzioni ei si valse liberamente poi nella composizione degl’Inni, tutto ciò mi conferma nella credenza, che, anco quando ei riportava i rammentati frammenti come tradotti dall’idioma greco, non diceva da senno, ma per esplorare il voto del Pubblico, secondo che piú tardi fece in Inghilterra, quando stampò il Velo delle Grazie, quasi versione dell’antico poeta Fanocle o Fanoclete. (Vedi le note all’Inno III.) Mi sembra dunque di potere affermare, che fino dal principio del secolo egli andava meditando di cantare delle Grazie, e che i rammentati squarci furono da lui dati in luce come saggio del suo lavoro. Quando poi si divulgò la fama che il Canova stava lavorando il gruppo delle tre Dee, egli ritornò su quell’argomento: invece di un Inno solo, cui si era proposto di comporre (ed anco ciò resulta dagli autografi), ne disegnú tre, e vi andò lavorando attorno per tutto il resto della vita.