Pagina:Foscolo - Poesie,1856.djvu/216

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198 avvertenza.

sieme con somma confusione e negligenza di critica, tanto per l’arbitrario ravvicinamento di parti manifestamente disgiunte fra loro, quanto per la esuberante moltiplicità delle lezioni, nonchè per la stessa ortografia.

Ma poichè, per lunghissimi studj ed instancabile amore, ho potuto raccoglierne le sparse membra, e riordinarle in quell’armonia nella quale ho fede che le vagheggiasse la mente del Poeta, a coloro i quali in questa nostra Italia gravidam imperiis belloque frementem rimangono tuttavia casti cultori delle Grazie e delle Muse m’incombe il debito di narrare più brevemente che potrò la storia del modo con cui dalla fortuna mi è stato concesso di potere finalmente restituire a questa Patria diletta uno, secondo ch’io penso, dei più bei monumenti della moderna letteratura. Spero che a’ miei lettori non sia ignoto come le reliquie della mente d’Ugo, serbate religiosamente per più anni all’Italia dal venerando canonico Riego,1 vi passassero finalmente per cura di tre benemeriti nostri Coucittadini, i quali da esso le acquistarono nel 1834, e come da quei preziosi scartafacci fussero poi tratti quei documenti, che dieci anni dopo furono pubblicati a Lugano col titolo di Scritti politici inediti di Ugo Foscolo. Ora io debbo aggiungere che l’onorevole amico mio Enrico Mayer, uno dei tre benemeriti, mentre in Livorno stava accuratamente per la prima volta esaminando quei fogli affine di classarli almeno sommariamente, insieme a parecchi frammenti di quest’Inni rinveniva alcune lettere già scritte da Ugo negli ultimi tempi del viver suo alla signora Quirina Mocenni Magiotti, ma non mai da esso spedite, o che non sapesse risolversi

  1. Il canonico Riego, soccorse Ugo Foscolo nelle strettezze che angustiarono gli ultimi tempi della sua vita, ne raccolse l’estremo sospiro, ed assunse, quasi eredità di affetto, la cura di provvedere alla figlia Floriana, che il Poeta lasciò giovinetta, ed a cui scrisse l’ultima sua lettera. (V. l’Epistolario). Questa figlia di poco sopravvisse al padre, e lasciò al Riego, preziosa pegno della sua gratitudine, le carte paterne.
            Il canonico Riego, quantunque amnistiato dal Governo costituzionale spagnuolo, aveva continuato a vivere esule in Inghilterra, dichiarando, che un fratello del general Riego non poteva tornare in patria in grazia di un’amnistia, ma soltanto per un atto nazionale, che redintegrasse pienamente la memoria di quel martire glorioso della Libertà. Viveva poveramente facendo commercio di libri, ed era egli stesso non inelegante scrittore in prosa e in verso. Morì in età di circa 60 anni sul cadere del 1816; ed ecco come ne fu annunziata la morte nel Morning Chronicle del 28 novembre di quell’anno:
            «Nella sua abitazione (57 Seymour Street) morì ieri repentinamente il canonico Riego, fratello del celebre e sventurato general Riego.
          Il canonico Riego avendo vissuto molti anni in questo paese, era conosciuto da un numeroso circolo, dal quale era molto rispettato ed amato. Le sue cognizioni letterarie erano moltiplici ed estese: possedeva in grado eminente le belle qualità del carattere spagnuolo, congiunte ad una rara e simpatica semplicità, e ad un generoso entasiasmo, che nell’età avanzata non perdè niente del suo ardore giovenile.
         La sua morte, che credesi cagionata da un’affezione al cuore, sarà profondamente compianta.»