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218 le grazie

Vieni, o Canova, e agl’Inni. Al cor men fece
Dono la bella Dea che tu sacrasti1
Qui sull’Arno alle belle Arti custode;
Ed ella d’immortal lume e d’ambrosia
20La santa imago sua tutta precinse.
Forse (o ch’io spero!) artefice di Numi,
Nuovo meco darai spirto alle Grazie
Ch’or di tua mano escon del marmo.2 Anch’io
Pingo e spiro a’ fantasmi anima eterna:3
25Sdegno il verso che suona e che non crea;
Perchè Febo mi disse: Io, Fidia,4 primo,
Ed Apelle guidai colla mia lira.5
     Eran l’Olimpo e il Fulminante e il Fato,
E del tridente enosigéo tremava
30La genitrice Terra:6 Amor dagli astri
Pluto fería; nè ancora eran le Grazie.
Una Diva scorrea lungo il creato7
A fecondarlo, e di Natura avea
L’austero nome: fra’ Celesti or gode
35Di cento troni; e con più nomi ed are
Le dan rito i mortali,8 e più le giova
L’Inno che bella Citerea la invoca.
Perchè, clemente a noi che mirò afflitti
Travagliarci e adirati, un di la santa
40Diva, all’uscir de’ flutti ove s’immerse
A ravvivar le gregge di Neréo

  1. 16-18. Canova l’anno innanzi (1805) aveva consecrato la sua Venere ch’esce dal bagno nella Galleria di Firenze, nel luogo stesso dov’era la Venere de’ Medici. (F.) La Venere di Canova adesso si ammira ne’ Pitti.
  2. 20-23. Il medesimo Scultore sta lavorando un gruppo delle tre Grazie. (F). Esso fu terminato nel 1815. Fu commesso dalla Imperatrice Giuseppina, ma se l’ebbe il Principe Eugenio. Poscia lo Scultore lo replicò pel Duca di Bedford, presso il quale tuttavia esiste.
  3. 24. La creazione poetica assegna alla fantasia i caratteri ideali, di cui si giovano gli Artefici. (F.)
  4. 26. Fidia vantavasi di aver dedotto la sua statua di Giove Olimpio da tre versi d’Omero. (F.)
  5. 27. Narrano che la più perfetta fra le opere di questo principe de’ pittori greci fosse la sua Venere anadiomene, cioè uscente dal mare. Fu celebre ancora la sua tavola delle Grazie, che si conservava a Smirne.
  6. 29-30. Gli antichi ascrivevano al mare il fenomeno de’ terremoti. (F.) Quindi Nettuno enosigeo, vale a dire scuotiterra.
  7. 32-33. L’Universo e la Natura sono guardati dall’uomo con una stupida ammirazione mista a terrore, finchè esso non è ingentilito ed ammaestrato dalle Grazie. (F.)
  8. 36. La Bellezza non è amabile nè adorata senza le Grazie; quindi la religione a Venere, dacchè apparì colle sue seguaci. (F.)