Pagina:Foscolo - Poesie,1856.djvu/244

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226 le grazie

Or la chieggio alla terra, almen l’antiqua
250Religïone del bel loco io senta.
     D’Iride al cenno d’una rosea nebbia
Tutte velate, procedendo all’alto
Dorio1 che di lontan gli Arcadi vede,
Le Dive mie vennero a Trio. L’Alfeo
255Arretrò l’onda, e diè a’ lor passi il guado
Che anch’oggi il pellegrin varca ed adora.2
Fe manifesta quel portento a’ Greci
La deïtà; sentirono da lunge
Odorosa spirar l’aura celeste.
     260De’ Beóti al confin siede Aspledóne,
Città che l’aureo Sol veste di luce
Quando riede all’occaso;3 e non lontano
Sta sulla immensa minïea pianura
La beata Orcoméno: ivi più caro
265Ebber l’altare, quando allora il primo,
Da fanciulle alternato e da garzoni,
Cantico sacro udirono le Grazie.4
     E pria l’intese dalle Dee la bionda
Ifïanéa, che stava alle pendici
270Adorando. Ne poi quella fanciulla
Destò corde di lira, o all’aure sciolse
L’amabil canto a raccontar suoi guai

  1. 253. Dorium quidam montem, quidam campum esse scribunt; cujus hoc tempore pars nulla monstratur. Così di Dorio Strabone nel lib. 8. — Anche Omero nel catalogo lascia incerti se debba reputarsi una città o un monte sui confini della Messenia. Il nostro Poeta sembra avere adottato questa ultima opinione. — Nota, o giovine lettore, come le Grazie si velino ora che, dopo aver compartito agli uomini i materiali benefizj, si apprestano a conceder loro anco quelli morali. Principalissimo fra questi ed il più utile alla vita è il conforto nelle sventure, desunto dalla cultura delle Arti gentili; e la Deità lo porge con arcana beneficenza agli spiriti puri e generosi, come vuole che sia accolto da essi e nudrito con sacro pudore. Vedi più sotto i pietosi versi intorno ad ifianea.
  2. 254-256. — Trio, città dell’Elide guado dell’Alfeo, come la chiama Omero nel catalogo. L’Alfeo poi nasce nell’Arcadia presso i confini della Laconia, e, dopo avere attraversato l’Elide, si getta nell’Acaia, e quindi in mare. (Strabone.)
  3. 260-262. Aspledone fu nomata anco Eudieto, cioè ben situata all’occidente, perchè sulla sera era mirabilmente illuminata dal Sole. (Strabone.) Anch’essa spedì guerrieri a Troia. (lliad., lib. 2.)
  4. 263-267. Plutarco asserisce che le pianure d’Orcoméno erano le più spaziose di tutta la Beozia. — Più d’una città in Grecia ebbe tal nome; ma Pindaro nelle Olimpiche, e Omero nel catalogo danno a quella di Beozia l’aggiunto di miniea, da Minia che regnò in quella contrada, e fu padre d’Orcoméno che fondò la città. — Pausania nel sesto libro dice che uno de’ più ragguardevoli edifizi che vedevansi in essa era il tempio delle Grazie, alle quali gli Orcomenii si vantavano di averlo edificato i primi, ancorchè i Lacedemoni contrastassero loro tale onore. Quindi le Grazie avevano il soprannome di Orcomenie.