Pagina:Foscolo - Poesie,1856.djvu/62

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Erope. E per me?...

Atreo. Vita
Qui a te si serba, ove perì tuo padre,
Ove spirar del figliuol tuo nel sangue
L’abbominevol amator vedrai. –
E tu, giuri?
Tieste. Ti giuro odio, tremendo
Oltre l’Averno alto furor ti giuro.
Atreo. Or tu li giura, ed io li compio.
Ippodamia. O figli!
Fratelli siete; omai cessate. – Il figlio,
Atreo, mi salva. – Al figlio mio, Tïeste,
Cedi. – Deh! perdonatevi. La Grecia
Dell’opre suona della reggia d’Argo.
Pietà abbiate di me, degli anni miei
Cadenti, e avvolti dall’orror, dal scorno,
Da rea tristezza: della tomba io miro
L’orlo per me già spalancato... Ah! basti
Mia sciagura sin qui, chiuda miei lumi
Contaminati da men colpe.
Tieste. Cessa:
Tiranno preghi, e speri? – Io senza regno,
E senza fama per la Grecia in bando
Andrò mendico? senz’osare altrui
Scoprir mio nome? Troppo omai soffersi
Questa mia vita; or è ben tempo ch’io,
Benchè da scure di fratel, sia posto
In libertà.
Atreo. Regno tu brami? Or vola
Da’ miei scortato in Calcide: l’impero
Là ti s’appresta, ove lasciar tu voglia
Temuti i grandi ed avvilito il vulgo.
Ma giura tu di non por piede in Argo,
Nè più ridomandarmi Erope e il figlio.
Silenzio eterno ambo li copra: al trono
Sarieno d’onta e di ruïna forse.
Tieste. Io re non nacqui; e a questi patti il regno,
Che tu mi rendi, abborro: e questo abborro