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112 CAPITOLO IV

della attività del grande. Così che, men che in qualche artista piuttosto legato al Rustici che al suo collaboratore — come nell’ignoto autore dei busti di Fiesole ricordati — e in opere di Pierino da Vinci, è vana la ricerca di una tale influenza artistica. Le principali sculture che presentano affinità occasionali con certi aspetti dell’arte sua derivan piuttosto dalla bottega del Verrocchio; o son più tarde, come certi monumenti equestri sulle piazze di città della Toscana, in cui si notano atteggiamenti generali affini ai tipi leonardeschi che conosciamo e rappresentano eclettismi comuni nella seconda metà del Cmquecento.

Non mancarono in Lombardia e fuori imitatori di Leonardo fra gli orafi e gli intagliatori. Ma più che di imitatori si trattò veramente di modesti artisti che — a corto di motivi ornamentali — riprodussero, per esempio, la Vergine delle Rocce in smalti e in piccoli rilievi argentei; o nelle impugnature di coltelli, nelle plachette, nelle medaglie riprodusser motivi che il maestro aveva popolarizzato co’ suoi studi per i due monumenti equestri. Ve n’è nei Musei di Milano, di Firenze, di Parigi.

Più grande e fecondo e duraturo, anche se dannoso al naturale svolgimento della scuola locale, fu invece l’influsso di Leonardo sulla pittura lombarda. E ciò è ben naturale poiché r attività più appariscente di quel grande eclettico fu a prò della pittura. In essa il seme fruttificò fino a invadere tutto il campo prima un po’ ristretto dell’arte regionale e s impose e dilagò in proporzioni eccessive. In confronto a ciò gli esempi che ci siamo industriati di far conoscere nel campo della scultura son ben poca cosa. Ma non è stato forse inutile, alla miglior conoscenza di uno degli aspetti di quello che fu chiamato il prisma del genio di Leonardo, l’avervi richiamato sopra, una volta tanto, l’attenzione e lo studio.