ad altri soggetti ispirati dalla tormentosa psicologia umana,
richiesti dalla pietà di committenti religiosi, o provocati dalle
bizzarre anomalie dei visi, ch’egli ritiene specchi dell’anima,
darà elevato senso d’arte, delicatezza sentimentale di pensoso
raccoglimento, o arguta caricaturale e pur insuperata
espressione lieta o patologica. Ai dipinti donerà delicatezze
di sfumature, giuochi di mezze tinte, tenebrori misteriosi a
tutti ignoti. Alle ricerche profonde d’analisi scientifica, di
sintesi insuperata imprimerà vivacità e modernità d’indirizzi
affrontando, non di rado risolvendo, quesiti la cui risoluzione
fu riservata al genio. Ma in nessuno dei suoi prodotti Leonardo
affronterà con tanta freschezza il vero e lo riprodurrà
liberamente, spregiudicatamente, al di fuori e al di sopra
dei limiti richiesti da formule accademiche e convenzionali,
come in questi meravigliosi disegni di cavalli eseguiti sul vero.
L’anatomico, l’intenditore serio di cavalli — tanto difficili
da conoscere a fondo — ai quali non possono far velo i
preconcetti che in questi ultimi tempi han centuplicato la
retorica avvolgente la letteratura vinciana rimangon stupiti,
dopo un esame diligente di questi disegni modernissimi eseguiti
quattro secoli fa. Sembra a loro che solo una lunga
conoscenza dell’anatomia del cavallo, una diuturna confidenza
con le abitudini dell’animale, con quei suoi atteggiamenti, con
le sue paure interne possano aver ispirato e diretto chi fermò
con tanta sicurezza alcune parti finitissime di cavalli in fogli
del palazzo reale di Torino, del Museo di Budapest, della
Biblioteca di Windsor. L’atteggiamento rigido ma nobile
delle zampe anteriori alzate con quel gioco felicissimo di
muscoli e di piegature della pelle rigida e tirata del destriero
di razza; l’impennarsi improvviso dell’animale di lusso, dai
superbi muscoli ma ombroso a ogni stormir di foglia, indo-