Vai al contenuto

Pagina:Francesco Sabatini - Il volgo di Roma - 1890.pdf/31

Da Wikisource.

Gaetanaccio 25

Altra volta Rugantino, vedendo il diavolo, gli domandava:

Sete ammojato?

Brum, brum.

Sete vedovo?

Brum, brum.

E cquele cimarelle chi vve l’ha mmesse?

Conchiuso il matrimonio tra Pulcinella e Colombina, Rugantino diceva agli sposi: «A l’anello nun ce pensate, chè cce penso io. Ce so’ l’orefici der Pellegrino, che, bbona grazzia loro, quanno me vedeno, se metteno tutti cor bastone su la porta».

Il Pellegrino, fino a pochi anni fa, era in Roma la via degli orefici.

Al tempo di Gaetanaccio si faceva la giostra al teatro Corea,1 divertimento graditissimo alla plebaglia romanesca, sempre vaga di spettacoli che mettono a pericolo la vita degli uomini.

Gaetanaccio, che sapeva imitar molto bene il muggir della bufala e l’abbaiare dei cani, alcune volte poneva fine alla sua rappresentazione con la parodia di quell’incivile spettacolo.

Una bufala con uno zecchino appiccicato sulla fronte aggiravasi per la scena mugghiando ferocemente. I giostratori l’affrontavano e ne venivano atterrati; Rugantino, che stava a vedere, gridava indispettito: «Eh mannatece l’ommini, sangue d’un dua!» Così dicendo si slanciava in

  1. Cfr. Sabatini, Spigolature, p. 59.