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Pagina:Francesco Sabatini - Il volgo di Roma - 1890.pdf/38

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32 F. Chiappini

Egli fu di complessione piuttosto gracile, non ebbe un pelo sul viso, e sulle sue gote mai non apparvero i colori della salute; fin dalla sua gioventù cominciò ad essere tossicoloso, e questo malanno coll’andare del tempo gli si andò sempre aumentando, talmente che alcune volte gl’impediva affatto di vociferare. Ciò non ostante, egli si strascinava per la città col suo casotto sulle spalle anche in mezzo ai rigori dell’inverno, poichè senza ciò sarebbe mancato il pane alla sua famiglia. Negli ultimi anni della sua vita, prima di dar principio alla rappresentazione, egli rimaneva accovacciato nel suo nascondiglio per un buon quarto d’ora e tossiva, tossiva..., mentre al di fuori una turba di sfaccendati, allegra e festante, aspettava con impazienza ch’egli trovasse qualche nuova arguzia, qualche nuova facezia per farla ridere. Sostenne il male finchè potè, e, quando le forze lo abbandonarono del tutto, chiese ricovero all’ospedale di Santo Spirito, ultimo asilo della miseria, ed ivi morì il 26 giugno 1832 in età di 50 anni.

Cosi fini Gaetanaccio, del quale fu detto che se avesse studiato, coltivando in particolar modo l’arte drammatica, avrebbe potuto lasciar di sè memoria durevole; ma io sono d’opinione che il suo ingegno, sottomesso alle regole dell’arte, avrebbe perduto quegli scatti naturali che lo resero singolare. La sua fama si mantenne viva per molto tempo fra i suoi concittadini, ma poi,