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Pagina:Francesco Sabatini - Il volgo di Roma - 1890.pdf/62

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56 A. Parisotti

raviglioso lavoro del danese Berggreen 1 nel quale si studiano a centinaia i canti popolari di quasi tutti i paesi del mondo; dobbiamo purtroppo constatare che quasi nessuno degli italiani volse il suo ingegno a questa materia e che primi, e quasi soli ad occuparsi delle nostre melodie, furono gli stranieri. Il primo infatti che scrisse di melodie popolari romane fu Wolfango Goethe. Nel suo viaggio in Italia2 troviamo una melodia da lui intesa cantare a Roma da un fanciullo cieco suonatore di arpa.3 Questa melodia è adattata alle parole:

Gurrugiùm a te! gurrugiù!
Che ne vuoi della vecchia tu?...

Sappiamo che, tornando il Goethe per la seconda volta a Venezia, fu maravigliato dal non sentir più cantare dal popolo le strofe del Tasso. 4 Il tempo aveva fatto perdere quell’uso, e però non ci stupisce che il tempo stesso possa aver fatto dimenticare al popolo la melodia che il sommo poeta tedesco gli attribuisce circa un secolo fa (a. 1786), mentre con qualche variante egli ne ha ancora mantenuto le parole. Oggi al

  1. Folke-sange og melodier, Copenaghen, C. A. Reitzels.
  2. Ital. Reise, Stuttgart, 1870, II, 161.
  3. «Um so viel mehr munderte ich mich über eine Romanze, welche ein blinder neapolitanischer Knabe, der sich in Rom herum führen liesz, einige Wochen sang, deren Inhalt und Vorstellungsart so nordisch als möglich ist».
  4. Op. cit., I, 158.