Ond’io all’Amor:— Se quella a me per ’manza
hai conceduta, percuoti col dardo 135costei, che in beltá ogn’altra avanza.
Ahi quanto piace a me quando la sguardo!
E cosa desiata, se si aspetta,
tanto piú affligge quanto piú vien tardo.—
Allor Cupido scelse una saetta 140ed infocolla e posela nell’arco
per saettare a quella giovinetta.
E come cacciator si pone al varco
tacito e lieto, aspettando la fera,
e sta in aguato col balestro carco; 145tal fe’ Cupido e la saetta fiera
poscia scoccò, e, inver’ Filena mossa,
il manto sol toccò lenta e leggera.
Quando le ninfe sentir la percossa
e nostra insidia a lor fu manifesta, 150tutte fuggir con tutta la lor possa.
Sí come i cervi fan nella foresta,
quando sono assaliti, o’ capriuoli,
se cani o altra fera li molesta,
che vanno a schiera, e alcun dispersi e soli, 155e per paura corron tanto forte,
che pare a chi li vede ch’ognun voli;
cosí le ninfe timidette e smorte
fuggiro insieme, ed alcuna smarrita,
quando si furon di Cupido accorte. 160Filena bella non sería fuggita,
se non che la sua dea la man gli porse:
tanto pel colpo ell’era sbegottita.
L’Amore, ed io con lui, al fonte corse,
dove le sacre ninfe eran sedute, 165quando la polsa insino a lor trascorse.
Io non trovai se non ch’eran cadute
alle due cantatrici le grillande
de’ belli fior, che in testa avieno avute.