Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/135

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capitolo vii 129

     Vidi Caròn non molto da lontano
con una nave, in mezzo la tempesta,
30che conducea con un gran remo in mano.
     E ciascun occhio, ch’egli avea in testa,
parea come di notte una lumiera
o un falò, quando si fa per festa.
     Quand’egli fu appresso alla riviera
35un mezzo miglio quasi o poco manco,
scòrsi sua faccia grande, guizza e nera.
     Egli avea il capo di canuti bianco,
il manto addosso rappezzato ed unto;
e volto sí crudel non vidi unquanco.
     40Non era ancor a quell’anime giunto,
quando gridò:— O dal materno vaso
mandati a me nel doloroso punto,
     per ogni avversitá, per ogni caso
vi menerò tra la palude negra
45incerti della vita e dell’occaso.
     Pochi verran di voi all’etá intègra;
spesso la vita alli mortali io tollo,
quand’ella è piú secura e piú allegra.—
     Dava col remo suo tra testa e ’l collo
50a’ mostri, che mettea dentro alla cocca;
e forte percotea chi facea crollo.
     Poscia rivolto a me, colla gran bocca
gridò:— Or giunto se’, o tu, che vivi,
venuto qui come persona sciocca.—
     55Minerva a lui:— Costui convien ch’arrivi
all’altra ripa sotto i remi tui,
’nanzi che morte della vita il privi.
     — Su la mia nave non verrete vui
— rispose a noi con ira e con disdegno,—
60ché altre volte giá ingannato fui.
     Un trasse Cerber fuor del nostro regno,
l’altro la moglie; or simil forza temo:
però voi non verrete sul mio legno.—