Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/137

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capitolo vii 131

     100nel mondo sú lunga vita ne diede;
e fummo negligenti alla virtude
e ratti a far le cose brutte e fède.
     Però menar ne fa per la palude,
e nella ripa esto crudel pirata
105la vita a noi vecchiacci ancora chiude.
     E quando addietro la nave è tornata
e mena quei che stan dall’altro canto,
in quel rifatti siamo un’altra fiata.
     E ritornamo a quella riva intanto,
110ove pria fummo; e lí da noi s’aspetta
anche ’l nocchier con pena e con gran pianto.
     Questa è da Dio a noi giusta vendetta,
da che a ben far nostra vita fu tarda,
che sempre a morte nostra vita metta.
     115La Morte non è mai all’uom bugiarda,
ché lo minaccia in viso e fallo accorto;
ma egli chiude gli occhi e non si guarda.
     E, benché l’uom si vegga giunto al porto
degli anni suoi, è sí ne’ vizi involto,
120che prima il viver che ’l mal fare è scòrto.
     In quell’etá, che fa canuto il volto,
alcun nell’operar tanto è difforme,
ch’e’ non par vecchio, ma fanciullo stolto.
     Ed io lassú, dove si mangia e dorme,
125fui giá Del Bruno chiamato Francesco
e fiorentin lascivo vecchio enorme.
     Qui sta, (or poni un «vo» di dietro al «vesco»,)
Pier d’Alborea, che ’n tre vescovati,
secco negli anni, nel peccar fu fresco.—
     130Noi eravamo al porto giá appressati;
e tutti vennon men su nella riva,
sí come un’ombra ed uomin non mai stati.
     Io scesi in terra con la scorta diva,
ed ella disse a me:— Se ben pon’ mente,
135la vita umana non si può dir viva;