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Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/164

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CAPITOLO XIII

Come l'autore vede la Fortuna.

     Per l’aspero cammin di quella valle
eravamo iti, al mio parer, un miglio,
lasciando il van timor dietro alle spalle,
     quando per veder meglio alzai lo ciglio
5e dalla lunga la Fortuna io vide
mirabil sí, ch’ancor me ’n maraviglio.
     Minerva a me:— Se ti losinga o ride,
e s’ella mostra a te il viso giocondo,
fa’ ch’allor ben ti guardi e non ti fide.
     10Quella è che molti inganna in questo mondo
col rider suo e spesso alcun inalza
per abbassarlo e farlo ire al fondo.
     Guarda la faccia sua quant’ella è falza
e che di chiara in torba la trasmuta,
15quando da alto alcuno in terra sbalza.—
     Quando da presso poi l’ebbi veduta,
conobbi quant’è grande quella donna,
quant’è sinistra e quanto alcuno adiuta.
     Era maggior che non fu mai colonna,
20e sol dinanti avea capelli in testa,
e d’oro fin dinanti avea la gonna.
     Ma dietro calva, e dietro avea la vesta
tutta stracciata, ed era di quel panno,
che vedoa porta in dosso, quando è mesta.
     25Ghignando con un riso pien d’inganno,
volgea con una man sette gran rote,
che come spere in questo mondo stanno.