Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/196

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190 libro secondo

     e di scorpion la coda e la ventraia;
65nell’ano e presso al membro che l’uom cela
di ceraste n’avea mille migliaia.
     Argo non ebbe mai sí grande vela,
né altra nave, come l’ali sue,
né mai tessuta fu sí grande tela;
     70ma non atte a volar troppo alla ’nsue,
se non come l’uccello infermo e stanco,
che tenta volar alto e cade ingiue.
     Serpentin era il piè deritto e ’l manco;
e diece draghi maggior che balena
75faceano a lui il seggio e ’l tristo banco.
     E questo a Satanasso è maggior pena:
che sempre insú volar s’ingegna e bada,
e la gravezza sua a terra el mena.
     E Dio permette ben che alla ’nsú vada;
80ché, quanto piú volando in alto monta,
tanto convien che piú da alto cada.
     Io ’l vidi in piè levar con faccia pronta
dall’alto seggio suo, e con orgoglio
udii ch’e’ disse:— O Dio, alla tua onta
     85sopra gli astri del cielo or salir voglio:
io intendo prender l’uno e l’altro polo
al tuo dispetto, ed ora il ciel ti toglio.—
     Cosí dicendo, alla ’nsú prese il volo:
ben diece miglia insú s’era condotto,
90quando ’l vidi calar al terren sòlo
     a trabocconi e col capo di sotto,
e come un monte fece gran ruina.
E, poiché ’n terra fu col capo rotto,
     la faccia verso il ciel volse supina,
95e fe’ le fiche a Dio ’l superbo vermo
e biastimò la Maiestá divina.
     Poi si levò sí come fusse infermo,
e verso il suo gran seggio mosse il passo
con mormorio e dispettoso sermo.