Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/198

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192 libro secondo

     Per parlarli, ver’ lui mossi le piante
e dissi:— Chi se’ tu, caduto a terra
di sí gran torre col capo dinante?
     — Io son Fialte, e fui nella gran guerra
140— rispose,— che facemmo contra Dio,
che le saette contra noi disserra.
     Cosí le grandi imprese e ’l lavorio
fanno il gran signor sí com’io feci,
e poi caggiono a terra sí com’io.
     145Cadde Alessandro, il gigante de’ greci,
cadde Priamo e cadde la gran Troia,
che combattuta fu per anni dieci.
     Cadde Pompeo e Scipio, la gran gioia
dell’alta Roma e Cesare ed Agosto,
150Dario e Assuero con pena e con noia.—
     Io averia al suo detto risposto,
se non che a me apparve un altro obietto,
al qual lo sguardo mio mi venne posto.
     Io vidi che Satán di mezzo al petto
155un serpentello con tre lingue scelse,
che parea pien di tosco maladetto.
     Tra’ giganti el gittò quando lo svelse;
ed egli il suo venen tra loro sparse,
ch’era piú ner che non son mézze gelse.
     160Allora ogni gigante un drago farse
cominciò dentro; e, l’uman quindi tolto,
e’ fuor nel viso sí com’uomo apparse.
     Ma non si può giammai tenere occolto
amor, né invidia o colpa ch’aggia il core,
165che non appaia alquanto su nel volto.
     L’imago dentro cominciò di fuore
appalesarsi e mostrarsi in la faccia;
e questo fe’ tra lor guerra e romore.
     Sí come quando il mar prima ha bonaccia
170e poi si turba e tutto in sé ribolle,
e l’acque, che son sotto, sopra caccia,