Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/205

Da Wikisource.

capitolo i 199

     Cosí le dita sue da me distorsi,
che m’avean preso; e sí me dilungai,
che cento passi e piú a lunga corsi.
     Quando sei spenta, ancor potenzia hai,
65o gran superbia! Per questo fui preso,
ché d’esto scampo io me ne gloriai.
     Chinossi allora, tutto d’ira acceso,
il crudel mostro, e con la man feroce
volea levarmi nell’aer sospeso.
     70Allor gridò la dea ad alta voce:
— Abbassa a terra!— Ed i’ a terra mi diede
col ventre e il volto e colle braccia in croce.
     Cosí prostrato, entrai di sotto al piede
del gran superbo, col qual chiude il calle,
75il qual senza battaglia mai concede.
     Per questo a terra giú diede le spalle
e nel pian cadde con sí gran fracasso,
che tremar fece tutta quella valle.
     Quando vidi caduto Satanasso
80cosí prostrato, io misi la mia testa
ed intrai su la via per l’arto passo.
     Come alli vincitor si fa gran festa,
tal fece a me la scorta onesta e saggia:
poscia si mosse insú veloce e presta.
     85Prese la via per la pendente piaggia
e disse:— Vieni e sempre alla ’nsú sali,
ed alla ’ngiú nullo tuo passo caggia.—
     Mentr’io movea alla ’nsú del desio l’ali,
ed io sentii a me gravar le penne
90da una che dicea:— Vo’ che giú cali.—
     La mia persona abbracciata mi tenne,
tirandomi alla ’ngiú con tale scossa,
ch’appena ritto il piede mi sostenne.
     E del salir sí mi tolse la possa,
95che, andando insú, io non potea seguire
la scorta, che a guidarmi s’era mossa.