Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/204

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198 libro terzo

     25Andai, quando la dea ebb’io udita,
come colui che a duello combatte
o per dar morte o per perder la vita.
     Quale Davíd incontra a Goliatte,
gigante grande, ed egli era fantino
30e non avea all’armi le membra atte;
     tal pareva io, quando presi il cammino
contra Satán, se non ch’a lui rispetto
ben mille volte er’io piú piccolino.
     Quand’io fui presso e contra al suo cospetto,
35e’ s’adirò da che m’ebbe veduto,
e mostrò grande sdegno e gran dispetto.
     Io saría morto e del timor caduto,
se non che Palla con voce e con cenni
mi rinfrancava il cor e dava aiuto.
     40Andai piú innanti e insino a lui pervenni,
e del piè il dito, piú ch’un trave grosso,
colle mia braccia avvinchiato gli tenni.
     Allora a stizza vieppiú fu commosso,
e le gran braccia stese con grand’ira,
45e ’nsú tirommi, tenendomi il dosso.
     A questo gridò Palla:— A terra mira;
pensa ch’a darti morte egli t’afferra,
e per gittarti a basso insú ti tira.
     Fa’ come Anteo, e vincerai la guerra,
50che tante volte le forze francava,
quante toccava la sua madre terra.—
     Come colui che se medesmo aggrava,
che tien le membra come fosson morte,
cosí fec’io, quando insú mi levava.
     55Mirabil cosa! Allora i’ fui sí forte,
che gli feci abbassare ingiú le braccia,
e giú mi pose con le mani sporte.
     Le reni in terra, insú tenea la faccia;
e con ingegno e forza e con li morsi
60facea com’uom che volentier si slaccia.