Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/237

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capitolo vii 231

     Genti eran seco, che facean gran festa;
ed egli stava in mezzo grasso e croio;
poi si spogliò e donò a lor la vesta.
     Poi, poco stando, ed ei prese un rasoio
140e scorticossi, e poi le ven si punse;
e donò a quelle genti il proprio cuoio
     e poscia il sangue, che da sé desmunse.
Alfin e’ diventò come Eco trista,
ch’ancor risponde e d’amor si consunse.
     145La dea a me:— L’immago, che hai vista,
del prodigo è, c’ha suoi atti contrari
a quella lupa, che bramando acquista.
     Egli non cura robba, né denari;
dissipa e fonde e li suoi ben ruina.
150Quest’altra aduna e tien con modi avari.
     Il liberal per mezzo a lor cammina:
cosí ogni virtú giammai non erra,
s’ella alle parti estreme non declina.
     Da un lato l’avaro a lei fa guerra,
155amando troppo l’oro e per eccesso;
dall’altro quel che mai la borsa serra:
     ché la pecunia e l’altro ben, concesso
all’uso umano, egli ama tanto poco,
che non mira ond’è e quanto e come spesso:
     160però oppositi stanno in questo loco.—