Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/241

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capitolo viii 235

     100e come nel teatro alla gran terra
ne’ giuochi salii dispiatati e crudi,
sí come dice Seneca e non erra,
     stavano disarmati senza scudi
li condannati, chiusi in poco spazio,
105colli coltelli in mano, a petti nudi,
     e di lor carne facean tanto strazio,
finché l’un l’altro crudelmente uccide,
ch’ogni Erode crudel ne saria sazio.
     Quando cotanto mal l’occhio mio vide,
110dissi a Minerva:— Io prego mi contenti
d’un dubbio, pria che piú in alto mi guide.
     Di tutti i cieli e di tutti elementi,
se nell’Apocalisse io ben discerno,
di tutti i regni e di tutti li venti
     115commesso ha Dio agli angeli il governo
sí come a motor primi e generali,
sí che lor moto vien dal piú superno.
     Ora mi di’: se li ben temporali
sono commessi ad agnol che sia buono,
120da che son seme di cotanti mali?
     Ché, se penso l’origine, onde sono,
cavati son d’inferno, ove natura
nascosto avea cosí nocivo dono.
     Ed anco questo don, s’io pongo cura,
125tutte le volte nuoce a’ possessori,
se l’appetito a sé non pon misura.
     E Satanasso disse:— Se mi adori—
quando nell’alto monte menò Cristo,
— io ti darò e regni e grandi onori.—
     130Adunque da lui è cotale acquisto:
nullo guadagno grande e ratto viene,
se non con froda o con rapina misto.
     Chiaro è lo testo che questo contiene,
ché nell’Apocalisse chi ben cerca,
135questo testo e la chiosa vedrá bene.