Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/27

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capitolo iv 21

     Oh lasso me! ché a te cagione io fui
di questa morte; ché quel traditore
30nefando mostro ha tradito amendui.
     Alli miei prieghi ti ferí l’Amore
dell’infelice colpo alla gonnella,
che passò tanto acceso poi nel core.
     Prego, perdona a me, Filena bella:
35perché non parli? perché non rispondi?
Prego, se puoi, alquanto a me favella.
     Questa novella pianta e queste frondi
e questi rami io credo che sian fatti
delli tuoi membri e tuoi capelli biondi.—
     40Poiché mille sospiri io ebbi tratti
e mille volte e piú la chiama’ invano
con pianti e voci ed amorosi atti,
     a quelle frasche stesi sú la mano
e della vetta un ramuscel ne colsi:
45allora ella gridò:— Oimè! fa’ piano.—
     E sangue vivo uscí, ond’io el tolsi,
sí come quando egli esce d’una vena;
ond’io raddoppiai il pianto e sí mi dolsi:
     — Perdona a me, perdona a me, Filena.—
50Poi maladissi il falso dio Cupido,
che lei e me condotto avea a tal pena,
     dicendo:— Se piú mai di lui mi fido,
perir poss’io, e se al suo consiglio,
seguendo il passo suo, mai piú mi guido.—
     55Quando questo io dicea, con lieto ciglio
Cupido apparve con bel vestimento
broccato ad oro nel campo vermiglio;
     e disse a me:— Perché questo lamento
di me fai tu? Non è la colpa mia,
60se altri a te ha fatto tradimento.
     Anche è stato tuo error e tua follia,
da che tu rivelasti il tuo secreto
al mostro, che trovasti nella via.