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266 libro terzo

     ché, se l’un lassa l’altro, quando vuole,
chi il patrimonio e senno dá alli figli?
chi guarda e dá la dote alle figliole?
     Però determinonno i gran consigli
140della ragione e delli saggi antichi
che sien le mogli e sien padrifamigli.
     Questa la casa e quel di fuor notríchi
i maggior fatti, ed insieme coniunti
nel matrimonio fedeli e pudichi.
     145Del terzo vizio se vuoi ch’io racconti,
è l’adulterio; e piú pericoloso
nullo è nel mondo e che piú altri adonti.
     Quando la moglie si tolle allo sposo,
l’animo mite rabido diventa:
150tanto al consorzio uman questo è noioso.
     Per questo Troia fu deserta e spenta,
e la real progenie fu disfatta
in Roma, che di Troia fu sementa.
     Questo peccato in ciel gran colpa accatta;
155ché avviene spesso che ’l marito pasce
gli altrui bastardi e la moglie gli allatta.
     E, quando cresce ed è fuor delle fasce,
avvien che alcuna al fratel si marita
e forse al proprio padre, del qual nasce.
     160Perché la moglie è col marito unita
in una carne in fede ed amor puro
per tutto il tempo che dura lor vita,
     però chi cerca averla, è ladro e furo;
e, se la donna ad adulterio piega,
165commette anco peccato grave e duro,
     ch’è traditrice, fuia e sacriléga,
ch’al matrimonio e fede fa lo ’nganno
ed anco al sacramento che la lega;
     e dell’altrui sudore e dell’affanno
170spesso nutríca li figlioli altrui,
onde è tenuta a soddisfar il danno
     al marito, che crede che sian sui.—