Vai al contenuto

Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/284

Da Wikisource.
278 libro quarto

     Ora, che tu cosí lasciato m’hai,
per tutto l’universo, che ti trovi,
io anderò cercando sempremai.—
     100Un degli antichi padri ed a me novi,
disse:— Non è bisogno tanto pianto,
ma con noi insieme omai i passi movi
     per questo paradiso in ogni canto.
Enoc è questo primo, ed io Elia,
105quai Dio ne pose in questo loco santo.
     Delle vertú ti mostrerem la via.—
Allor pel prato di que’ fiori belli
una con lor mi mossi in compagnia,
     tra verzillanti foglie ed arbuscelli
110e tra le melodie dolci e gioconde,
ch’ivi faceano inusitati uccelli,
     quando trovai un arbor senza fronde,
ch’era di spoglio di serpente avvolto,
sí come un’edra ch’un ramo circonde.
     115Lo spoglio avea di forma umana il volto;
e l’arbore di spine era pien tutto
intorno a sé, siccome luogo incolto.
     Ogni altro legno ivi era pien di frutto,
e di be’ fiori e frondi fresco e bello;
120e questo solo era secco e destrutto,
     e su non vi cantava alcun uccello.
E, non sapendo perché questo fusse,
il padre Enoc addomandai di quello.
     — L’arbor profano è questo, che produsse
125— rispose Enoc— il frutto del suo ramo,
col qual il drago il primo uomo sedusse,
     quand’egli ingannò Eva e poscia Adamo
a non servare a Dio obbedienza
col pomo dolce, ov’era il mortal amo.
     130«Legno» chiamato fu «della scienza
del bene e mal»; che è prima solo bene,
poscia del mal il ben ha sperienza.