Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/311

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CAPITOLO VII

De' magnanimi e valentissimi, ne' quali risplendette
la virtú della fortezza.

     Non credo che sia loco, sotto il cielo,
sí delettoso e di tanta allegrezza,
né tanto temperato in caldo e ’n gielo,
     quanto quel dove andai con la Fortezza.
5E lí trovai armato il fiero Marte,
quanto un gigante grosso ed in altezza.
     E molta gente avea da ogni parte
e tanto appresso a lui, quanto vantaggio
ebbon in forza e in battagliosa arte.
     10E sopra tutti lor scendeva un raggio,
il qual si derivava dal pianeta,
che dá nella battaglia buon coraggio.
     Sí come luce ch’esce di cometa,
cosí scendeva lor sopra la chioma,
15secondo la vertú piú chiara e lieta.
     Quando piú bella e piú in fior fu Roma,
non ebbe in sé sí bella baronia,
né quella che di Troia ancor si noma.
     Come tra’ fiori e dolce melodia
20l’anime vanno tra gli elisii campi,
facendo insieme festa in compagnia;
     cosí su’ prati dilettosi ed ampi
givano questi in gran solazzo e gioco
col raggio in capo, che par che gli avvampi.
     25— Secondo il raggio, quanto è assai o poco
— Fortezza disse,— qui si manifesta
la vertú de’ baron di questo loco.