Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/323

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capitolo ix 317

     — Virgilio e Tullio son quei duo dinanti
— cominciò a dire a me la dea Prudenza:—
30quelli duo fênno i piú soavi canti.
     Inseme Roma e la sua gran potenza
venne in Augusto all’altura suprema,
ed in costor lo stil dell’eloquenza.
     E quanto alcun s’appressa al lor poema,
35tanto è perfetto; e quanto va da cesso,
tanto nel dir il bel parlar si scema.
     Omero è l’altro, che vien loro appresso,
il qual ad ogni dir giá detto in greco
andò di sopra e vinse per eccesso.
     40E, come ogni splendor oscuro e cieco
si fa, quando è presente un maggior lume,
cosí ogni altro dir, ponendol seco.
     Quell’altro è quel che fece il bel volume,
Tito Livio dico, il quale spande
45dell’arte d’eloquenzia sí gran fiume.
     Il quinto, in cui risplendon le grillande,
è l’alta tuba dotta di Lucano
con valoroso dire adorno e grande.
     Egli si lagna che ’l sangue romano
50fu sparso per li campi di Farsaglia,
sí che vermiglio fe’ tutto quel piano;
     e raccontò della civil battaglia
di Cesar e Pompeo e lor grand’onte
coll’alto dir, che come spada taglia.
     55Ovidio è l’altro, e ’l gorgoneo fonte
gli die’ nel poetar lingua sí presta
e nelli metri sí parole pronte,
     che ha maggior grillanda in su la testa
che gli altri qui, ma non però sí chiara,
60sí come agli occhi ben si manifesta;
     e canta quanto è dolce e quanto è amara
la fiamma di Cupido, e ch’al suo foco
né senno, né altro scudo si ripara.