Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/343

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capitolo xiii 337

     25ché la virtú è sí degna, sí decora
e sí eccellente, ch’ogni volta eccede
ogni ben temporal, che lei onora.
     Ed a colui che ’l benefizio diede,
render si puote egual; ma chi è grato,
30anche piú oltra al dato stende il piede.
     E cosí la vendetta del peccato
merita egual; ché quanto fu ’l delitto,
tanto ognun merta d’esser tormentato.
     Ma, com’io dissi sopra e trovi scritto,
35iustizia punitiva è crudeltá,
se la pietá non mitiga l’editto.
     Però null’altra in man le bilance ha,
se non la quinta dama di mia schiera,
chiamata Equitate e Veritá;
     40ché a lei sola appartien che la statera
tegna diritta e che in detto e ’n fatto,
in quel che tratta, sia trovata vera.
     Ogni ristoro e ciò che si fa a patto,
ella pertratta e grida che si renda
45quanto la froda o forza hanno suttratto.
     Perché tu queste cose meglio intenda,
pensa se alcun rifar dovesse diece,
ed egli a nove a ristorar si estenda.
     Costui non pienamente satisfece,
50ché convien sempre che ’l ristor sia eguale
al danno ed all’iniuria, ch’altrui fece.
     Ell’è che grida non far altru’ il male,
che non vorresti tu; e quanto hai offeso,
tanto restituisci ed altrettale.
     55D’esto nome Equitate assai ha’ inteso;
or, perché Veritá ella si chiama,
io ti dirò, ch’ancor non l’hai compreso.
     Dopo il ristoro, questa quinta dama
pertratta ciò ch’insieme si patteggia:
60questa è la sua materia e la sua trama.