Pagina:Frezzi, Federico – Il quadriregio, 1914 – BEIC 1824857.djvu/359

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capitolo xvi 353

     produce uccelli e quel, del qual nutríche
gli animal suoi, e produce ogni pomo,
30mentre il sol volge tra le rote obliche.
     E tutto questo è fatto a fin dell’uomo;
e l’uomo è fatto a rifar le ruine
di que’ che su da ciel cadêro a tomo.
     Però convien che ’l ciel tanto cammine,
35sinché tanta ruina si ristora;
e poi il moto suo averá fine.
     Allor cessará il tempo, che divora
ciò che produce il primo moto, il quale
fa ciò ch’e’ figlia, che vivendo mora.
     40In questo, Cristo altèro e triunfale
dirá:— Surgete, o morti, della fossa:
venite alla sentenzia eternale.—
     Allor ripiglieran la carne e l’ossa
li rei oscuri, e i buoni con splendori
45per la vertú della divina possa.
     Sí come gli arbor, che perdon li fiori
nell’autunno e perdono ogni foglia
e paion morti e senza vivi umori,
     talché ’l coltivatore anco n’ha doglia
50che paion secchi, e quasi si dispera
che mai su d’elli piú frutto ne coglia:
     poi la vertú del sol di primavera
li fa di frondi e fiori adorni e belli,
e rivivisce in lor la morta cèra;
     55cosí li corpi sfatti negli avelli
resurgeranno in istato felice
co’ membri interi insino alli capelli.
     Come di polve nasce la fenice,
che arde sé e del cenere stesso
60giovin resurge, sí come si dice;
     e cosí ’l corpo, sotto terra messo,
suo spirito averá da quel che viene
da prima infuso ed al corpo concesso.