Pagina:Gaetano Cantoni - Fisiologia vegetale, 1860.djvu/37

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territorj? Non si trovarono forse in tal condizione tutti i terreni avanti di rendersi coltivabili? — Non vedete voi spesse volte deperire piante, versare, o difficilmente far solido legno, o ben costituito seme, sebbene allignanti in terreno ricchissimo di materie vegetali capaci di fornire acido carbonico per sciogliere i materiali inorganici? Basta, perciò, osservare la vegetazione nei prati rotti, e perfino sugli ammassi di letame, o presso di essi, ove continuamente defluiscono materie organiche decomponentesi. Osservate come si comportino le radici delle piante in terreno il cui strato superficiale sia eminentemente vegetale, e vedrete ch’esse corrono direi quasi a cercare uno strato inorganico, e, finchè non lo ritrovano, non si suddividono in minute barboline.

All’incontro in terreni meno ricchi d’humus, e perfino fra i crepacci delle rocce trovansi piante, se non lussureggianti di fogliame, almeno vegete e solidamente costituite.

Raspail, al § 823 dell’opera più volte citata, dice:

Quelle radici che sono costrette a crescere contro le pareti o fra le giunture d’una pietra s’impastano sulla superficie e vi aderiscono con forza, sia per l’effetto de’ succhiatoj che resterebbe a trovare, sia pel solo effetto d’uno sviluppo condannato ad insinuarsi in tutto le cavità della pietra. Noi spiegheremo più particolarmente nella fisiologia la quistione di sapere se la funzione delle radici non consista ad impastarsi, a guisa di polipi, sulle molecole terrose, per discioglierle o per aspirarle, a profitto dell’incrostazione o della combinazione dei tessuti.

Importantissima a tale riguardo è una Memoria del signor Egidio Pollacci sul modo di agire delle radici delle piante in contatto coi materiali inorganici del suolo1. — Ritenendo che molta luce a tale quistione po-

  1. La Memoria è inserita nel Periodico Il Nuovo Cimento. Fascicolo del luglio 1858.