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capo terzo | 113 |
l’ordina, bisogna ch’ei vi soggiaccia pure, o si disubbidisca a lei; ed in questo stato di cose, che corrisponde scalzamento, o l’uno de’ due metalli anderá via, o la legge s’ha da mutare. E questo è contro quel che da prima mi si era accordato, cioè che fosse determinata la proporzione tra l’argento ed il rame. Lo stesso si ha da dire del rame rispetto all’oro. Ed ecco resta conosciuto che l’usare nel conto il rame, finché il suo valore sta tenuto fisso con quel degli altri metalli, non giova.
Ora voglio supporre che non fossero stabilite queste proporzioni tra’ metalli. Questa cosa sebbene non abbia esempio presso alcuna nazione, tolti i cinesi (che battono solo moneta di rame, e l’argento e l’oro come le altre mercanzie lo vendono e lo comprano), pure merita d’essere riguardato s’ella abbia utilitá in sé, che la renda degna di commendazione. Io veggo che infiniti errano in credere il valore una qualitá interna delle cose, e non giá, come egli è, una relazione estrinseca, che in ogni luogo, tempo e persona si muta. Perciò essi parlano di valore d’argento, di rame e d’oro, come di cosa stabile in questi metalli, né dicono rispetto a chi ed a qual cosa sia cotesto valore; non altrimenti che chi d’alto e basso parli, senza esprimere il punto onde misura. Per discoprire ora l’origine di questo abbaglio, io voglio che s’avverta come l’aver gli uomini misurato l’un metallo coll’altro, e coll’autoritá venerabile della legge stabilitolo, fa parlare del valore quasi di cosa determinata e nota, e perciò assoluta, non relativa. Infatti, quando uno chiede quanto vale un ducato, non se gli risponde giá: — Val tanto grano o vino, — perché questa, sebbene congrua risposta, non si può dare, per non esser fissa una tal proporzione; ma si dice: — Val cento grana; — e questa risposta, che non è migliore della prima, esprimendo la sola proporzione tra il rame e l’argento, perché ella è fissa, pare al volgo ch’esprima il valore de’ metalli, e perciò d’essa parlano come di cosa nota ed universale.
Ora, nel caso che la legge non determinasse una tale proporzione, essi non avrebbero diversa natura fra loro, che il grano ed il vino coll’argento. Allora non solo non sarebbe
Gali a ni, Della moneta.