Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/330

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324 note aggiunte nella seconda edizione


è fatta l’edizione, vi è errore, o travidde l’editore, e lesse «carlino» quella voce che diceva «tarino». Certo è che sempre il carlino tra noi è stato la sessantesima parte dell’oncia, ed il tarino ha sempre valuto due carlini. Or non combinerebbe ciò che l’Uzzano dice in prima, che la salma di 800 tumoli valesse tralle 25 e le 30 once, e quel che se gli fa dire, che il tumolo valesse un carlino, giacché 800 carlini fanno non piú di 13 once e 1/3: ma, leggendosi «tarini», combina benissimo col termine medio tralle venticinque e le trenta once. Di quanto peso d’argento fosse poi il carlino in quel tempo, lo abbiamo con esattezza dalla Relazione delle diverse qualitá di monete costrutte nella regia zecca di Napoli, cominciando dal 1442 fino al 1629, distesa per ordine del Collaterale e conservataci e pubblicata ne’ suoi Discorsi sopra le monete del Regno di Napoli da Giovanni Donato Turbolo, maestro della zecca. In essa si legge:

Nell’anno 1442, regnante in questo Regno il serenissimo Alfonso primo d’Aragona, nella regia zecca si battevano monete de’ carlini di lega antica de’ carlini, istituita a tempo del serenissimo re Carlo primo d’Angiò, dal cui nome si chiamò detta moneta «carlino», e la zecca pagava la libra dell’argento di essi ducati 8, 3, 5 e mezzo, e ogni carlino pesava trappesi quattro ed acino uno e mezzo, e si spendeva per grana dieci.

I carlini, che furono battuti sotto Carlo secondo e Filippo quinto e che oggi corrono, pesarono trappesi due ed acini sei, e la lega è alquanto migliore di quell’antica; sicché, disprezzando le minuzie, può dirsí che il carlino di Alfonso valesse quanto diciotto grana attuali, ed il tarino valea per conseguenza quanto Irentasei grana, le quali, moltiplicate per quattro, fanno quattordici carlini e mezzo, che in punto è nelle spiagge della Puglia il prezzo del grano negli anni di comunale ricolta.

Dallo stesso Giovanni Antonio da Uzzano si ha che due botti e mezza di vino di Maddaloni della misura di 24 coglia a botte si solevano pagare 30 carlini: vale a dire che si vendeva ogni botte per tanto peso d’argento quanto incirca ne entra oggi in 22 carlini correnti, i quali, moltiplicati per quattro, danno circa ducati nove, prezzo regolare oggi de’ vini di quella qualitá. Ma di questo secondo calcolo non sono cosí sicuro come del primo: giacché, siccome è certo non essersi mutata la misura del tumolo da Alfonso in qua, cosí è dubbio di qual misura di botte intendesse l’Uzzano, essendo varia ne’ vari luoghi del Regno, ed essendosi potuta