Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/339

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note aggiunte nella seconda edizione 333


sarebbe opera lunga e che oltrepasserebbe assai i confini di una nota, forse (se io non m’inganno nel giudicare del gusto de’ miei concittadini) stancherebbe piú che non arrecherebbe istruzione o diletto a’ miei lettori. In grosso adunque, e disprezzando ogni minuto conteggio nascente o dalle piccole alterazioni nel peso o nella lega o finalmente dalla insensibile ma sempre progressiva alterazione di proporzione che è stata tra l’oro e l’argento, vengo a dire che la moneta d’oro, chiamata dal popolo «agostaro», cioè augustale, di Federico secondo, fu coniata del peso della quinta parte d’un’oncia. Dodici carlini (nome d’una moneta d’argento cominciata a battere da Carlo primo d’Angiò) equivalevano all’augustale; sicché un’oncia d’oro valeva 60 carlini. L’oncia non fu mai moneta, ma soltanto peso, che non si è variato. Due carlini equivalevano ad un tarino; ma la zecca non batteva moneta più grossa del carlino: í quali, restati sotto le stirpi degli Angioini con piccolissime alterazioni di peso, sotto Alfonso, primo degli Aragonesi, furono fissati al peso di quattro trappesi ed un acino e mezzo. Così restarono fino al 1510, che sotto Ferdinando il cattolico furono mancati di un acino; e quindi continuatamente, a misura che la proporzione tra l’oro e l’argento andava variandosi, andarono diminuendosi. Ed è stata tanta la diminuzione nel peso loro e la diversa valutazione prodotta dagli alzamenti fatti in tutta la moneta d’argento alla fine del passato secolo, che i carlini sono ridotti ad essere quasi la metá degli antichi. Intanto, siccome la proporzione dell’argento all’oro, che, prima della scoperta dell’America e del piú facile commercio coll’Indie, era quasi di uno a undici, è saltata ad essere di uno a quindici, è avvenuto che l’augustale, che nel coniarsi valse 12 di que’ carlini, corrisponde ora a 42 incirca de’ correnti. Lo scudo, moneta antica angioina, che successe all’augustale, fu sempre moneta d’oro purissimo, pesante cinque trappesi, o sia il sesto d’un’oncia, e nel coniarsi fu fatto del valore di dieci carlini; ma nel principio del decimosesto secolo giá valeva undici carlini, ed andarono indi aumentando di prezzo fino a tredici, senza mutarsi di peso e di bontá, finoacché si cessò dal coniarne d’oro, nel 15S2. Fu cominciato nel 1590 a batterne d’argento, del peso di un’oncia, trappesi tre ed acini undici; ma dalla sfrenatezza de’ tosatori furono tosto guasti e distrutti. Si battettero quasi con egual sorte, indi a poco, i mezzi ducati, detti «cianfroni». ed in maggior abbondanza seguitaronsi a coniare carlini e tari. Questi sbassandosi sempreppiú, si giunse finalmente all’anno 1684,