Pagina:Galiani, Ferdinando – Della moneta, 1915 – BEIC 1825718.djvu/340

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334 note aggiunte nella seconda edizione


in cui il marchese del Carpio risolvette battere i ducati, o sia scudi, non piú d’oro, ma in grosse monete d’argento. Gli batté del peso d’un’oncia, un trappeso (ch’è la trentesima parte dell’oncia) e quindici acini, con lega di un duodecimo. Questa moneta ha ancora corso tra noi, ma è divenuta rarissima, e solo sono comuni le sue suddivisioni, principalmente i tari e i carlini di essa, che oggi valgono 26 e 13 grana. Tutte queste nel 1688 furono alzate d’un dieci per cento, ed indi nel 1691 d’un altro ventidue per cento: in tutto d’un trentadue per cento. Ma i tari ed i carlini furono alzati solo del trenta per cento, per evitare la minutissima frazione. I ducati con le loro suddivisioni, che il conte di Santostefano avea battuti, si trovarono, col suddetto alzamento del 1691, alzati del venti per cento, e cosí divennero pezzi di dodici carlini, ed i carlini, suddivisioni di essi, divennero dodici grana. Da quel tempo in poi la moneta di dodici carlini ha continuato ad essere la nostra maggior moneta d’argento, né si è battuta moneta equivalente a dieci carlini, o sia ducato, salvo pochissimi battuti sotto Carlo sesto, che, per essersi fatti di soverchia bontá, sono stati dagli orefici liquefatti e sono spariti. Intanto siegue a tenersi il conto in carlini, tari e ducati; e talvolta si tiene in once (moneta intieramente ideale e fatta equivalente a sei ducati attuali), tari e grana. Delle monete di billon, o sia di argento e rame, ne abbiamo avute da Guglielmo primo normanno sino al 1622. Sotto gli Svevi e sotto la seconda razza angioina furono copiosissime, e sempre indivisibili compagne delle epoche delle maggiori nostre calamitá.

Ecco una idea, data all’ingrosso, delle vicende della moneta tra noi. Dalla quale si scorge che, avendo conservato fermo il peso dell’oncia d’oro, e fermi soltanto i nomi di ducati e di carlini, e mutatane l’intrinseca valuta, si è venuto in quattro secoli a fare un alzamento piú del duplo rispetto all’argento e del triplo rispetto all’oro. Cosicché l’oncia d’oro, valutata da Carlo primo sei ducati, oggi ne vale diciotto ed anche piú, se l’oro è purissimo; e l’oncia d’argento, che equivaleva a sette carlini di Carlo primo, oggi equivale a tredici e qualche grano dippiú. E questo è rispetto al peso e al valore relativo tra i due metalli nobili. Rispetto poi alla mutazione tra’ l valore de’ metalli e quello de’ viveri e di ogni altra mercanzia, parmi averne discorso abbastanza nella nota decimoseconda.